Non appena ricevuta la missiva dell’assessore regionale Luca Coletto, i tecnici del ministero della Salute si sono messi al lavoro, per studiare le rimostranze sui criteri con cui è stata stilata la graduatoria delle Regioni virtuose. «Non c’è una chiusura, c’è un confronto», fanno sapere gli uffici del ministro Beatrice Lorenzin, nel tentativo di spegnere sul nascere una nuova polemica dopo vaccini e Pfas.
LA LETTERA Nella sua lettera, Coletto evidenzia le modalità di applicazione della delibera del Consiglio dei ministri dell’11 dicembre 2012 per la formulazione della classifica. L’assessore alla Sanità contesta «le scelte metodologiche e le modalità di calcolo dei ricoveri» e sottolinea la «necessità di un aggiornamento degli indicatori utilizzati per la formulazione di una graduatoria, che non danno atto dello sforzo organizzativo attuato negli ultimi anni dalle Regioni». Trasmessa lunedì, la nota è stata prontamente presa in esame. «Il ministero sta valutando le osservazioni – dicono da Roma – nel senso che i tecnici sono al lavoro per un supplemento dell’istruttoria e per un approfondimento della questione. nella normale dialettica della Conferenza Stato-Regioni, con l’obiettivo di arrivare all’intesa. Le richieste sono state prese in considerazione e sono in corso le verifiche per vedere se le valutazioni espresse sono fondate e valide». A cominciare dalla criticità principale, agli occhi di Palazzo Balbi, da cui discende un’espressa richiesta: utilizzare i dati relativi al 2015. ultimo anno effettivamente disponibile, e non al 2014, com’è invece stato fatto.
PARAMETRI Ma cosa sarebbe cambiato, se appunto fosse stato considerato il 2015 anziché il 2014? Una risposta definitiva al momento non è possibile, poiché non sono ancora state completate le analisi di tutti gli aspetti che concorrono all’individuazione delle Regioni-benchmark, cioè meritevoli di essere prese come modello di riferimento nella definizione dei costi e dei fabbisogni Standard nel settore sanitario. Sono infatti ben 19 i parametri che entrano nel calcolo dell’Indicatore per la qualità e l’efficienza: si va dalla degenza media pre-operatoria alla spesa per la diagnostica strumentale, passando per la percentuale delle dimissioni dai reparti chirurgici, il costo pro capite dell’assistenza sanitaria di base, lo scostamento dallo standard previsto per l’incidenza della spesa per l’assistenza distrettuale sul totale. E così via.
I LEA Fra tutti spicca però il punteggio della cosiddetta “Griglia Lea”, cioè l’elenco delle Regioni ordinato in base ai Livelli essenziali di assistenza, che è già disponibile per il 2015. Se fosse stato considerato quell’anno, e non il 2014, il Veneto avrebbe totalizzato 202 anziché 189 punti, piazzandosi quarto (dopo Toscana, Emilia Romagna e Piemonte) invece che settimo nella graduatoria Lea. Con ogni probabilità, dunque, la sanità veneta non sarebbe scivolata al sesto posto nella classifica generale della virtuosità. È lo stesso dossier ministeriale sui Livelli essenziali di assistenza a segnalare i passi in avanti compiuti nel giro di dodici mesi: il punteggio di 202 «risulta ampiamente positivo e in netto miglioramento rispetto al trend precedente». Permangono comunque alcune criticità a livello della prevenzione, in particolare nell’area delle vaccinazioni per la copertura a 24 mesi (inferiore al 95%) e nel dato sul costo prò capite dell’assistenza collettiva in ambiente di vita e di lavoro (inferiore a 85euro).
Angela Pederiva – Il Gazzettino – 7 dicembre 2017