Nei corridoi di Palazzo Balbi la voce girava già da un pezzo. Soprattutto dopo che tra marzo e aprile le fiamme gialle avevano fatto capolino più volte negli uffici del settore Rifiuti della Regione Veneto.
Nel mirino degli uomini del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Venezia c’era Fabio Fior, 56enne ingegnere di Noale (Venezia) e dirigente dell’ufficio dal 2002 alla fine del 2010, quando venne spostato al settore Energia dal nuovo assessore all’Ambiente Maurizio Conte. Oggi si capisce perché: Fior è infatti accusato di avere svolto a partire dal 2004 numerosi incarichi esterni lautamente ricompensati per una cifra complessiva di 1,6 milioni di euro e molti di questi, per un totale di oltre 600 mila euro, non sono stati mai autorizzati dalla Regione.
Accuse che per ora hanno preso due strade diverse: da un lato il pm di Venezia Giorgio Gava ha aperto un fascicolo nei confronti dell’ex dirigente, dall’altro — proprio su segnalazione della Finanza—la Regione ha avviato un procedimento disciplinare nei suoi confronti, sospendendolo dal servizio per 6 mesi a partire dall’1 ottobre. L’indagine penale è in corso e dunque gli inquirenti sono abbottonati: per ora non ci sarebbe nemmeno la configurazione di un reato. Ma la sospensione ha già portato il caso di Fior di fronte a un giudice, la dottoressa Anna Menegazzo del tribunale del lavoro di Venezia. Il dirigente, con l’avvocato Maurizio Sartori, ha infatti impugnato la sospensione con un ricorso d’urgenza e martedì prossimo ci sarà la prima udienza. La Regione non è certo rimasta con le mani in mano e nei giorni scorsi si è costituita con una memoria che delinea in maniera ampia e completa le gravi accuse che l’hanno portata a una decisione che, per stessa ammissione dei legali, non è stata nemmeno troppo severa, visto che Fior ha rischiato di essere addirittura cacciato.
Il motivo è semplice: la mancata richiesta di autorizzazione da parte del dirigente per quegli incarichi non sarebbe infatti una semplice dimenticanza o un caso. Palazzo Balbi sottolinea che Fior non aveva chiesto l’autorizzazione per certi incarichi perché ben sapeva che non l’avrebbe mai ricevuta, essendo essi del tutto in conflitto di interessi con il suo ruolo regionale. Il caso più clamoroso è quello della Mestrinaro, la ditta trevigiana il cui impianto venne sequestrato lo scorso aprile dalla Direzione distrettuale antimafia di Venezia con l’accusa di miscelare i rifiuti edili senza trattarli e di rivenderli poi come cemento per sottofondi stradali. In quell’occasione il gip Antonio Liguori aveva sottolineato «la fondata preoccupazione dell’inquirente» per «il fatto che, dopo aver esercitato funzioni nella fase istruttoria del procedimento di approvazione del progetto (…) l’ing. Fabio Fior ha inopinatamente assunto la veste di collaudatore su incarico della medesima Mestrinaro».
Un conflitto d’interessi grande come una casa e non è stato l’unico: il dirigente aveva infatti lavorato anche, con una partita Iva scoperta dai finanzieri e senza autorizzazioni, per diverse aziende che si occupavano di rifiuti tra cui Asvo, Ecodeco, Consorzio smaltimento Rsu di Rovigo, Etra, Veritas, Pro In, Azienda servizi idrici della Castellana. Una raffica di incarichi, tanto che addirittura negli ultimi 8 anni risulta aver lavorato 257 ore meno dell’orario previsto per gli impiegati. «Negli ultimi anni l’ingegner Fior ha costantemente privilegiato (per usare un eufemismo) l’attività estranea alle sue funzioni di dirigente pubblico (non tanto estranea, per vero, visti i palesi evidenziati profili di incompatibilità)», scrivono i legali della Regione. Tanto che in alcuni anni è arrivato a guadagnare con la partita Iva il doppio del suo già lauto stipendio (intorno ai 150 mila euro): per esempio 283 mila euro nel 2008.
31 ottobre 2013