Fino a quest’estate, nei Pronto Soccorso dell’Azienda ospedaliera universitaria di Verona, il numero di «codici bianchi», ovvero quelli che comportano il ticket, era tra i più bassi del Veneto. Le cose sono cambiate dopo una visita degli ispettori regionali, che hanno richiamato i medici veronesi ad attenersi scrupolosamente al «decalogo regionale» per stabilire se i casi meno gravi sono codici verdi (gratis) o bianchi (a pagamento).
«Il paradosso – spiega l’assessore alla Sanità Luca Coletto, che oggi terrà una conferenza stampa sul tema all’Azienda ospedaliera – è che nella stessa Verona c’era un ospedale come San Bonifacio che faceva il 50 per cento di codici bianchi, mentre Borgo Trento e Borgo Roma non arrivavano al 20. Non possiamo avere cittadini di serie A e di serie B».
È anche, e forse soprattutto, una questione di soldi. Nel periodo in cui a Verona hanno tenuto le maglie larghe, tutta una serie di prestazioni che sarebbero dovute venire pagate dagli utenti sono state offerte gratuitamente. «Se ci sono danni erariali? Valuteremo. Non abbiamo ancora le stime della cifra di potenziali perdite». Tutto da dimostrare che ci sia del dolo da parte di qualcuno, ovviamente: ma quel che è certo è che le linee guida che distinguono i codici verdi dai bianchi sono in vigore dal 2011, («derivate da una normativa nazionale per far cassa, noi non c’entriamo nulla», ricorda Coletto) ritoccate poi nel 2014 «La ratio è questa – spiega Coletto – chi sta male, non paga». Si è molto parlato dell’esistenza di un software regionale dotato di una rigida griglia che impedirebbe libertà decisionale ai medici, tramutando la maggior parte dei codici verdi in ingresso in codici bianchi in uscita, ma l’assessore smentisce. «Non ci sono software regionali, semmai ci sono software che hanno concordato di acquistare i primari del pronto soccorso – afferma – e comunque è sempre il medico, in scienza e coscienza, che decide». Eppure, fanno discutere le testimonianze di persone che si sono recate al Pronto soccorso con dolori lancinanti per una colica renale, sono stati trattati e dimessi con un codice bianco, dovendo pagare quindi ticket e esami. «Se la colica passa in breve tempo con una flebo si paga il ticket, perché è equiparata a una prestazione ambulatoriale – dice l’assessore – ma se si resta in osservazione per più di quattro ore diventa automaticamente codice verde». Oggi intanto il sindaco Flavio Tosi, che ha annunciato un esposto in procura sul caso, parlando di un modo «fraudolento» con cui la Regione fa cassa sui cittadini, presenterà la sua proposta di raccolta firme per abolire il ticket.
Alessio Corazza – Il Corriere del Veneto – 9 ottobre 2015