Sono quattro le aree di rischio obbligatorie indicate nel Piano nazionale anticorruzione: acquisizione e progressione del personale; affidamento di lavori, servizi e forniture; provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari, privi di effetto economico diretto ed immediato per il destinatario (concessioni e autorizzazioni); provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari con effetto diretto ed immediato per il destinatario (sovvenzioni e contributi).
Fabio Milocchi, dirigente al quale la giunta regionale, con la delibera 369 del 19 marzo 2013, ha conferito l’incarico di responsabile della prevenzione della corruzione e di responsabile della trasparenza, li ha tenuti ben presenti nella redazione del Programma triennale 2014-2016 per la trasparenza e l’integrità della Regione del Veneto, che ha ottenuto il disco verde dell’esecutivo guidato da Luca Zaia. Il Piano coinvolge i 2.487 dipendenti della Regione (al 31 dicembre 2013): 181 dirigenti; 1052 funzionari di categoria D; 704 di categoria C; 549 di categoria B; due di categoria A. «La prima delle attività che sono state sviluppate nella prima fase», si legge al capitolo 8 del Piano regionale, «è stato il collegamento di ogni processo con le aree di rischio prefigurato nel Piano nazionale anticorruzione. Successivamente si è chiesto ad ogni dirigente di rispondere, assegnando un punteggio, in ordine ai livelli di discrezionalità, di rilevanza esterna, di complessità, di valore economico, di frazionabilità dei singoli processi. E ancora su controlli, segregazione dei compiti, procedure documentate e informatizzate. Particolarmente incisiva la domanda relativa all’impatto economico: «Nel corso degli ultimi cinque anni sono state pronunciate sentenze della Corte dei conti a carico dei dipendenti dell’amministrazione regionale o sono state pronunciate sentenze di risarcimento del danno nei confronti della stessa per la medesima tipologia di evento (il processo in esame) o di tipologie analoghe?». Orbene, le prime risultanze della valutazione dei rischi di processo attribuiscono la percentuale più elevata di rischio (il 13,97%) va associata ai provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari con effetto economico diretto ed immediato per il destinatari; a seguire (8,07%) i provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari, privi di effetto economico diretto ed immediato per il destinatari; l’affidamento di lavori, servizi e forniture (7,07%); l’acquisizione e la progressione del personale (1,21%). La stragrande maggioranza dei processi (69,69%) appare non riconducibile alle aree di rischio obbligatorie. Di qui la necessità di adottare una serie di misure necessarie a neutralizzare o a ridurre il rischio di corruzione: dalla diffusione delle informazioni al codice di comportamento; dalla rotazione del personale all’astensione in caso di conflitto di interessi.
Il Mattino di Padova – 19 febbraio 2014