I ritardi nella programmazione finanziaria della Sanità, qualche stortura nella gestione delle partecipate (dal caso Sifa ad Avepa e Veneto Strade), i soliti guai legati ai derivati e l’annosa questione di Palazzo Grandi Stazioni. Più qualche dubbio da chiarire sui fondi europei. Sono queste le – poche – criticità evidenziate ieri dalla Sezione di controllo della Corte dei conti nel corso del giudizio di parificazione del rendiconto 2016 della Regione, giudizio chiusosi difatti con un via libera, per la soddisfazione del governatore Luca Zaia: «Non è facile fare buona amministrazione con le regole che cambiano di continuo – ha detto – eppure siamo i più virtuosi in Italia per spesa pro capite, spesa per il personale, spesa per il funzionamento dell’ente. Tutto questo senza addizionale Irpef, lasciando nelle tasche dei veneti un miliardo l’anno». Zaia ha battuto molto sul tema delle regole («Mattei e altri che hanno reso grande l’Italia avrebbero fatto quel che hanno fatto con le leggi attuali? Io non credo») e chiesto alla Corte di «andare fino in fondo» sul dossier della Pedemontana, che però come ha spiegato il procuratore generale Paolo Evangelista non è stato trattato in questa occasione perché afferente all’esercizio finanziario 2017. L’analisi è rinviata al prossimo anno.
Sia il rendiconto, che pure ha registrato un risultato di amministrazione negativo per 15,8 milioni, che lo stato patrimoniale (che l’anno scorso non ottenne i timbri) hanno ottenuto la parifica, con l’unica eccezione del canone di locazione finanziaria da 3,2 milioni di Palazzo Grandi Stazioni, che fu acquistato nel 2007 per 69,5 milioni dall’allora Giunta Galan con l’intenzione di farne la nuova sede della Regione e da allora è stato al centro sia di un’indagine della procura (è finito tutto prescritto) che di un’inchiesta della Corte dei conti, che invece potrebbe arrivare presto a conclusione (chissà, magari proprio la scelta di non parificare questa voce potrebbe essere un indizio in tal senso). Sul fronte della sanità, invece, Evangelista ha sottolineato «gli inescusabili ritardi» del riparto dei fondi tra le Usl (11 miliardi di euro, l’82% dell’intero bilancio della Regione), causati «solo in parte dalla tempistica della programmazione sanitaria nazionale» (tradotto: non è sempre colpa di Roma). L’assessore Luca Coletto allarga le braccia: «Il riparto nazionale si è chiuso ad aprile e a giugno il provvedimento era in commissione Sanità. Che l’ha licenziato a fine novembre». Insomma, per lamentele citofonare in consiglio, al campanello del presidente della commissione Fabrizio Boron, criticato anche dai dem Stefano Fracasso e Claudio Sinigaglia: «Il riparto fu portato in commissione solo grazie alle nostre insistenze e anche quest’anno purtroppo dovremo fare i conti con gli stessi problemi, visto che non risulta alcuna iniziativa da parte di Boron. Intanto altri ritardi si stanno accumulando sull’intera programmazione sociosanitaria».
Nonostante il debito sia in regola con gli obblighi di legge e in diminuzione di 316 milioni (da 3,1 a 2,8 miliardi) la Corte ha evidenziato che, di questo passo, ci vorranno comunque la bellezza di 11 anni per colmare il buco accumulato mentre si conferma, come già negli esercizi passati, il risultato negativo dei due derivati stipulati nel 2003 e nel 2005, che dal 2009, a causa dei ribasso dei tassi, stanno costando perdite quantificate nel solo 2016 in 10 milioni. Il vicegovernatore Gianluca Forcolin ricorda che «il giudizio sulla qualità dell’indebitamento va dato sull’intero corpo degli strumenti utilizzati, e siamo a una media del 2% contro il 3,6% nazionale, non su due soltanto» mentre Piero Ruzzante di Mdp chiede «l’immediata rinegoziazione» perché «fino al 2020 lo scenario non cambierà e quindi la prospettiva è quella di continuare a perdere soldi».
Infine, tra i punti contestati va registrata «l’incomprensibile decisione della Regione di mantenere la partecipazione in Sifa attraverso Veneto Acque», vista «l’indubbia difficoltà di governance » e «lo stato di sofferenza economico finanziaria». Si tratta del noto «contratto capestro» di Porto Marghera, da cui Palazzo Balbi ha già tentato di divincolarsi sborsando la ragguardevole cifra di 56 milioni.
Sinigaglia (Pd): In Quinta Commissione stiamo ancora aspettando il riparto del Fondo sanitario
“Il monito della Corte dei Conti sulla programmazione sociosanitaria probabilmente rimarrà inascoltato e anche quest’anno il riparto del Fondo arriverà chissà quando. Forse lo porterà Babbo Natale…”.
Lo afferma, in una nota, il consigliere regionale del Partito Democratico Claudio Sinigaglia, che “stigmatizza i tempi lunghi della Giunta in merito”.
“Il riparto – puntualizza l’esponente dei Democratici – ci è stato presentato in Quinta Commissione a marzo, largamente incompleto, tanto che l’avevamo definito un ‘non riparto’, poiché non diceva niente sulle risorse destinate alle singole Ulss, al di là dei generici otto miliardi per le funzioni di assistenza sociosanitaria, né sulla spesa per far funzionare l’Azienda Zero”.
“Avevamo quindi richiesto all’Assessore Coletto della documentazione aggiuntiva – informa il consigliere – ma siamo ormai a metà luglio e ancora non abbiamo visto niente. Non vorremmo assistere al film dello scorso anno, quando il riparto fu licenziato soltanto a fine novembre, anzi liquidato, visto che la discussione durò appena mezz’ora”.
“Il ‘giochino’ che per approvare le delibere di programmazione sociosanitaria basta il parere della Giunta non funziona più – chiosa Claudio Sinigaglia – l’ha detto a suo tempo l’Ufficio legislativo del Consiglio, dandoci ragione, e oggi l’ha ribadito la Magistratura contabile. I consiglieri, anche quelli di minoranza, hanno diritto di poter svolgere il proprio lavoro”.
Il Corriere del Veneto e Consiglio Veneto – 14 luglio 2017