«A Renzi dico: a ottobre. È sulle riforme la vera sfida, la madre di tutte le battaglie politiche. Il referendum sulle trivelle era congegnato m modo tale che fallisse. Il premier è come quello dello spot delle scommesse: “Gli piace vincere facile”…». Le trivelle restano. La consultazione popolare fallisce l’obiettivo del quorum. La legge del governo che fissa i nuovi criteri concessori per le piattaforme non viene abrogata. Ma il presidente della Regione Veneto Luca Zaia invita il premier a non cantar vittoria, si legge su “Libero“.
Zaia: «Si è fatto di tutto per non stimolare l’accesso al voto»
Trionfa la trivella libera. «Già. Ma guardiamo alla genesi di questo referendum. Come siamo arrivati al giorno del voto? Prima l’appuntamento è stato volutamente ignorato per evitare che i cittadini si facessero un’idea compiuta sul tema delle trivelle. Poi, nell’ultima settimana, quando non si poteva più silenziare il dibattito, si è passati alla fase della denigrazione. Addirittura abbiamo visto scendere in campo il “grande saggio”…». Chi? «Giorgio Napolitano». L’ex Capo dello Stato ha parlato dell’astensionismo come di un’opzione legittima. «Esatto. Così scopriamo che ora ha una nuova vita. Dismessi i panni istituzionali, Napolitano si rimette a fare politica. In soccorso del governo». Non è stato il solo a predicare l’astensionismo. Tutto legittimo, dicono a Palazzo Chigi. «Questo referendum doveva essere programmato insieme alle Amministrative in un election day. Oltretutto si sarebbero risparmiati 300 milioni di euro. Ma l’appuntamento con il premier, quello vero, è a ottobre: lì si scontreranno due visioni, il neocentralismo renziano e il nostro modello federale. Vedremo chi vince».
Le trivelle non hanno appassionato l’elettore
«Premettendo che la mia Regione, il Veneto, è una delle prime come affluenza, voglio dire questo: non intendo metterla sul piano del senso civico, ne faccio un discorso di deficit di informazione. Il tema è particolare, è vero. Le 12 miglia, il mare aperto, le concessioni… mi rendo conto che la questione è ostica. Però il risultato qual è?» Che restano le trivelle. «Il fallimento del referendum determina in Italia un caso unico: di fatto, la perforazione del sottosuolo per estrarre petrolio e gas non ha termini concessori. Per dire: anche i porti e gli aeroporti hanno delle concessioni a termine. Invece, con la legge che non siamo riusciti ad abrogare, si è sancito che i petrolieri possono estrarre finché vogliono».
18 aprile 2016 (dal Secolo d’Italia)