Il quadro. Il decreto ministeriale utilizza terminologie differenti in relazione al peso degli «impieghi». Doppio rebus per la quota risparmio del nuovo redditometro, alla luce delle contraddizioni che emergono nel decreto ministeriale di attuazione dell’accertamento sintetico e della prassi dell’Agenzia che, sul punto, non fornisce alcun chiarimento.
La “quota risparmio” che si è formata nell’anno oggetto di controllo è una novità apportata dal Dm del 24 dicembre scorso, visto che nel testo dell’articolo 38 del Dpr 600/73 non si fa alcun riferimento a una voce del genere. La norma primaria, infatti, prevede esclusivamente le modalità di accertamento “sintetico”, di cui alle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta (comma 4), e “redditometrico”, che vede la considerazione del contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuato mediante l’analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza (comma 5).
È opportuno segnalare che il citato articolo 38 demanda al decreto attuativo il compito di individuare, con decreto del Mef da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale, i soli a contenuto induttivo.
Alquanto a sorpresa, invece, nel provvedimento ministeriale spunta «la quota di risparmio riscontrata, formatasi nell’anno», elemento del tutto singolare che nelle intenzioni del decreto dovrebbe concorrere alla formazione del reddito sinteticamente attribuibile al contribuente.
In primo luogo, la singolarità deriva dal fatto che si tratta dell’unica componente della ricostruzione reddituale che non è una “spesa”: infatti, mentre le “spese certe”, quelle per “elementi certi”, le spese per beni di uso corrente e quelle per incrementi patrimoniali qualificano uscite finanziarie, la quota risparmio evidenzia una condotta del contribuente di segno diametralmente opposto. In secondo luogo, non è chiaro come detta “quota” possa entrare a fare parte del reddito accertabile, atteso che seppure qualche ragionamento possa fondarsi sul fatto che il risparmio accantonato in caso di evasione è anche il frutto di tale condotta antigiuridica, il maggiore imponibile accertato è destinato a “riabilitare” quella quota risparmio: pena la duplicazione di imposizione. Ma anche a voler sorvolare su questo aspetto, peraltro completamente ignorato dalla circolare 24/E, va osservato che il Dm “tratta” la quota risparmio con due modalità differenti tra di loro.
All’articolo 1 il decreto prevede che «Ai fini della determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche, resta ferma la facoltà dell’Agenzia delle entrate di utilizzare, altresì … la quota di risparmio formatasi nell’anno»: il ministero in questo passaggio lascia discrezionalità all’ufficio circa la stratificazione di questa ulteriore quota sul reddito accertabile. Successivamente, il provvedimento sembra però propendere per una considerazione della quota risparmio “obbligata” e non “discrezionale”, quando all’articolo 3 afferma che, oltre alle altre spese, «l’Agenzia delle entrate determina il reddito complessivo accertabile del contribuente sulla base … della quota di risparmio riscontrata, formatasi nell’anno».
Ma se proprio si vuole sposare la tesi della concorrenza della quota risparmio alla formazione del reddito accertabile, non vi sono ragioni apparenti che possano giustificare da un lato la “facoltà” e dall’altro un “obbligo”.
In proposito, infatti, non è nemmeno ipotizzabile che detta variabile si inserisca a seconda della tipologia di accertamento notificato dall’ufficio, visto che la distinzione tra accertamento “sintetico” puro – quello fondato sulle sole spese “certe” o relative ad “elementi certi” nonché su incrementi patrimoniali – e accertamento “redditometrico” è quasi inconsistente.
Il tratto distintivo sarebbe infatti rappresentato dall’avvento delle spese per beni di uso corrente, impropriamente qualificate “spese Istat”, di cui alla fase dell’accertamento con adesione: nulla a che vedere, quindi, con gli articoli 1 e 3 del decreto ministeriale, e nei fatti un dubbio in più per operatori e contribuenti alla vigilia dell’avvio della campagna dei controlli.
Il Sole 24 Ore – 24 settembre 2013