La Repubblica. Estendere la scadenza del Pnrr oltre il 2026? Difficile, se non impossibile. La richiesta italiana, avanzata nei giorni scorsi dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, è sostanzialmente irricevibile. Almeno in questa fase. Perché una decisione del genere richiede l’unanimità e soprattutto una procedura che coinvolgerebbe la ratifica dei 27 parlamenti nazionali. Con modalità e tempi, dunque, piuttosto lunghi. Circostanze che sono state ribadite ieri dalla Commissione Ue e anche nel corso dell’Eurogruppo con tutti i ministri finanziari svoltosi in Lussemburgo.
È vero che non è solo l’Italia a reclamare una proroga. Altri Stati membri si augurano una dilazione. Ma resta la necessità dell’unanimità per correggere il Quadro finanziario pluriennale. Potrebbe rientrare nelle revisioni di Medio termine, ma certo non in questa fase. E come si è visto anche a gennaio scorso sui fondi all’Ucraina, intervenire in questi capitoli non è mai semplice.
Basta allora ascoltare il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, per capire che tipo di posizioni ci siano soprattutto tra i cosiddetti Paesi “frugali” su questi argomenti. «Quello di cui non abbiamo bisogno – ha detto – sono nuovi debiti comuni europei, per finanziare sovvenzioni, coi quali la politica vorrebbe dirigere lo sviluppo economico ». Non si tratta di un “no” alla proroga ma di una netta volontà di archiviare il più rapidamente possibile il Recovery. Per Berlino, il debito pubblico comune è una pagina da voltare.
Anche il presidente del consiglio europeo, Charles Michel, incontrando ieri Giorgia Meloni ha ridimensionato le aperture su questo terreno pur senza escludere nulla: «Pensoche sia davvero importante fare tutto il possibile per garantire che i soldi possano essere erogati. Abbiamo bisogno di buoni programmi, buoni progetti e dobbiamo assicurarci di sostenere gli sforzi dei nostri stati membri per garantire che questi soldi vengano iniettati per sostenere gli investimenti necessari. Ciò comporta alcuni adattamenti amministrativi in termini di ritardo nella procedura? Vorrei essere attento e cauto, perchè dobbiamo entrare più nei dettagli con la commissione e con gli stati membri». Se tutto questo dovesse comportare un allungamento, si è limitato a dire Michel, allora «questo è un dibattito che può avvenire sia nella commissione europea che nel consiglio».
«La scadenza del Pnrr – ha poi osservato il Commissario gli Affari economici, Paolo Gentiloni – è molto rigida non per intenzione della Commissione ma perché i governi quando hanno deciso il Next Generation Eu hanno dato una scadenza molto rigida e dobbiamo ricordare che la parte che riguarda la emissione di eurobond nel 2026 è nata dall’approvazione dei 27 parlamenti. Quindi non è solo l’unanimità ma è l’unanimità accoppiata all’espressione di un voto parlamentare. Nulla è impossibile ma credo che dobbiamo tutti seriamente considerare che la scadenza è il 2026». Altro discorso, ha ripetuto, quello che riguarda la possibilità di escogitare un altro fondo con debito comune per finanziare altre emergenze come la Difesa.
La richiesta del governo Meloni, poi, si scontra con un altro fattore: le truffe che si sono registrate nel nostro Paese intorno al Pnrr. Anzi proprio la maxi-truffa da 600 milioni scovata in Italia di recente sarà discussa oggi alla riunione dell’Ecofin. L’Ue, insomma, si aspetta spiegazioni da Giorgetti. Ma queste preoccupazioni poco si conciliano con l’idea di prorogare l’attuazione delleriforme concordate.