Sei milioni di persone sono senza lavoro e vorrebbero trovare un’occupazione. Lo segnala l’Istat nel Rapporto annuale 2013.
«Se si sommano le forze di lavoro potenziali» – 3milioni e 86mila persone disposte a lavorare anche se non cercano oppure alla ricerca di un lavoro ma non immediatamente disponibili e inclusi tra gli inattivi – «ai disoccupati, il numero di persone potenzialmente impiegabili nel processo produttivo si avvicina ai 6 milioni di individui». Secondo l’Istat, «tra le forze di lavoro potenziali é aumentata la quota di quanti dichiarano come motivazione della mancata ricerca lo scoraggiamento: non si cerca più un lavoro perché si ritiene di non poterlo trovare e, anche in questo caso, il fenomeno interessa soprattutto le donne, in particolare il Mezzogiorno». La crisi ha cambiato il mondo del lavoro La crisi ha profondamente cambiato il mondo del lavoro, hanno spiegato gli esperti Istat: raddoppiando il part-time involontario e abbattendo il lavoro standard; colpendo l’occupazione maschile, specie gli immigrati (marocchini e albanesi) e aumentando (seppur moderatamente) l’occupazione femminile; penalizzando il lavoro qualificato a vantaggio di quello non qualificato e lasciando sul mercato gli ultracinquantenni a spese dei giovani. In generale, nel 2012 l’occupazione é diminuita dello 0,3% su anno, pari a 69mila unità in meno, e del 2,2%, pari a 506 mila unità, dal 2008, anno d’inizio della crisi. Disoccupazione in aumento La disoccupazione è aumentata del 30,2%, pari a 636mila unità, oltre un milione in più dal 2008: quasi la metà dei nuovi disoccupati del 2012 ha tra i 30 e i 49 anni e, inoltre, un disoccupato su due lo é da almeno un anno. Le persone in cerca di occupazione da almeno 12 mesi, spiega l’Istat, sono aumentate dal 2008 di 675mila unità e nel 2012 rappresentano il 53% del totale, contro una media Ue27 del 44,4%. La durata media della ricerca di un nuovo lavoro é pari a 21 mesi – 15 mesi nel Nord e 27 mesi nel Mezzogiorno – e arriva a 30 mesi per chi é in cerca di una prima occupazione. Lo scorso anno é aumentato sia il ricorso alla cassa integrazione sia la probabilità di transitare verso la disoccupazione. Il lavoro che non c’è Un quinquennio di crisi economica ha incrinato speranze e aspettative soprattutto tra le giovani generazioni. L’ennesima conferma arriva dai dati sui cosiddetti Neet – acronimo inglese di “Not in Education, Employment or Training”, i giovani “né-né”, che non stanno né lavorando né istruendo e formando – aumentati del 4,4% tra il 2011 e il 2012 (+21,1% dal 2008). Un effetto, secondo l’Istat, «della crescita della componente dei disoccupati (+23,4%)». I Neet crescono di numero nell’area più sviluppata del paese, il Centro-Nord, ma il vero dramma su questo fronte si registra nel Meridione dove è Neet «un giovane su tre (contro uno su sei nel Nord e uno su cinque nel Centro) e sono anche meno numerosi i Neet alla ricerca attiva di lavoro (36% contro il 46% circa del Centro-nord)». E consola relativamente che a Sud, sommando i disoccupati e le forze di lavoro potenziali, sia comunque più elevata la quota di quanti si dichiarano interessati a entrare o rientrare nel mercato del lavoro;: il 73,3% contro il 67,1% nel Centro-Nord. Diminuito del 4,8% il potete d’acquisto delle famiglie «Il potere d’acquisto delle famiglie è diminuito del 4,8%. Si tratta di una caduta di intensità eccezionale che giunge dopo un quadriennio caratterizzato da un continuo declino», si legge nel rapporto annuale dell’Istat. «A questo andamento hanno contribuito soprattutto la forte riduzione del reddito da attività imprenditoriale e l’inasprimento del prelievo fiscale». Capitolo spesa Le famiglie italiane che, tra il 2011 e il 2012, hanno ridotto la qualità o la quantità degli alimentari acquistati, è aumentata dal 53,6% al 62,3% e nel Mezzogiorno arriva a superare il 70%. Si tratta, si legge nel rapporto Istat, soprattutto di famiglie che diminuiscono la quantità (34,9% nel Nord e 44,1% nel Mezzogiorno), ma una percentuale non trascurabile, e in deciso aumento, è anche quella di chi, oltre a diminuire la quantità, riduce anche la qualità dei prodotti acquistati. Diffusa insoddisfazione verso la politica e le istituzioni Il Paese è attraversato non soltanto da una profonda crisi economica, ma anche da una diffusa insoddisfazione dei cittadini verso la politica e le istituzioni pubbliche. La fiducia dei cittadini nelle istituzioni è su livelli bassi: in una scala da 0 a 10, giudizi più positivi vengono attribuiti soltanto ai vigili del fuoco e alle forze dell’ordine, mentre i partiti politici sono a livelli minimi. E’ il quadro tracciato dall’Istat nel Rapporto annuale 2013. In particolare, un voto da otto a dieci viene attribuito dal 66,2% della popolazione di 14 anni e più ai vigili del fuoco (punteggio medio 8,1), dal 34% alle forze dell’ordine (6,5), dal 4,8% al Parlamento italiano (punteggio medio 3,6) e solo dall’1,5% ai partiti politici, che ricevono come punteggio medio 2,3. La fiducia nelle istituzioni locali si colloca a un livello intermedio: al governo regionale e provinciale viene assegnato dai cittadini un punteggio medio pari a 3,7, a quello comunale 4,5.
Il Sole 24 Ore – 23 maggio 2013