Beniamino Bonardi, dal Fatto alimentare. La commissione ministeriale presieduta dall’ex procuratore Gian Carlo Caselli ha consegnato al ministro della Giustizia, Andrea Orlando, una proposta di disegno di legge sulla tutela dei prodotti alimentari. Il testo si propone di riformare l’attuale normativa, introducendo nuovi reati in campo agroalimentare, avendo come punto di riferimento la tutela del consumatore. La proposta della commissione Caselli, che aveva iniziato i suoi lavori il 5 maggio, è composta da 49 articoli e introduce una serie di nuovi reati che vanno dal “disastro sanitario” – che punisce avvelenamento, contaminazione o corruzione di acque o sostanze alimentari con possibile diffusione di pericoli per l’utente – fino “all’omesso ritiro di sostanze alimentari pericolose” dal mercato, quando ciò possa arrecare lesioni gravi o morte e quando da tali comportamenti possano scaturire il pericolo di situazioni analoghe che mettano in pericolo la salute pubblica.
Viene anche punita la vendita di prodotti alimentari accompagnati da falsi segni distintivi o da marchi di qualità, Dop e Igp, contraffatti, prevedendo delle aggravanti in caso di falsi documenti di trasporto o di simulazione del metodo di produzione biologica.
Nella relazione illustrativa che accompagna la proposta, si legge che “l’intento complessivo è quello di un intervento di riforma che poggi su di un programma di politica criminale adeguato alla gravità empirico-criminologica degli illeciti e all’importanza dei beni tutelati”.
Secondo gli estensori della proposta, “ciò che deve essere sanzionata è la vera e propria frode nei confronti del destinatario ultimo dell’alimento (e non già la generica ed evanescente «lealtà commerciale»)”, tenendo conto del “valore prioritario progressivamente assunto dalla «identità» del cibo quale parte irrinunciabile ed insostituibile della cultura di territori, delle comunità locali e dei piccoli produttori locali, che definiscono, in sostanza, il «patrimonio alimentare»”.
Lo schema di disegno di legge introduce il nuovo reato di “agropirateria”, con l’obiettivo di “approntare un più efficace strumento di prevenzione e di repressione nei confronti di frodi di carattere seriale e organizzato, destinate, come tali, a rivelarsi tra le più allarmanti sul piano sociale e dannose sul piano empirico-criminologico”. L’attuale disciplina si è rivelata “del tutto incapace di punire l’impiego stabile di metodologie frodatorie in contesti imprenditoriali organizzati in cui, di norma, si lucra sul minor costo dell’approvvigionamento di alimenti utilizzati nella filiera alimentare. In considerazione della notevole diffusione e degli elevati interessi economici in gioco, il fenomeno dell’agropirateria impone, infatti, la necessità di nuovi mezzi di contrasto adeguati, soprattutto laddove risulti problematico dimostrare la sussistenza di un vero e proprio vincolo associativo”. Il nuovo reato di agropirateria considera come movente la volontà di trarre profitto dalla frode. La proposta prevede la possibilità di utilizzare le intercettazioni in fase d’indagine e la possibilità di ricorrere a misure di natura cautelare.
Per quanto riguarda le sanzioni, si prevedono pene dai due ai sette anni di reclusione e multe da 15.000 a 100.000 euro. Vengono previste anche pene accessorie, come l’interdizione temporanea dagli uffici delle persone giuridiche e delle imprese, nonché il divieto di qualsiasi azione, comunicazione commerciale e attività pubblicitaria.
Le pene possono essere diminuite in misura significativa nel caso in cui il colpevole si sia adoperato per aiutare concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nell’azione di contrasto, nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione degli strumenti utilizzati per la commissione della frode.
Oltre al nuovo reato di agropirateria, lo schema di disegno di legge aggiorna la normativa e le pene per altri reati, tra cui:
chi produce, trasporta o commercializza “alimenti non sicuri, pregiudizievoli per la salute o inadatti al consumo umano, ovvero contraffatti o adulterati, ponendo concretamente in pericolo la salute pubblica nella consumazione del prodotto, è punito con la reclusione da due a otto anni”;
chiunque, al fine di trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato, in custodia temporanea o in deposito doganale, spedisce in transito, esporta, trasporta, detiene per la vendita, somministra, offre o pone in vendita o mette altrimenti in circolazione alimenti la cui denominazione di origine o indicazione geografica o le cui caratteristiche sono contraffatte o alterate, è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da 10.000 a 50.000 euro;
l’importazione, esportazione, preparazione, produzione, distribuzione o vendita di alimenti non sicuri, pregiudizievoli per la salute o inadatti al consumo umano, sono punite “con la pena della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso nell’ambito, nelle forme o per le finalità della grande distribuzione o del commercio all’ingrosso”, mentre se “avvengono nelle forme del commercio al dettaglio o della somministrazione, si applica la pena dell’arresto fino ad un anno o dell’ammenda da 3.000 a 30.000 euro”.
Prima di fare propria la proposta della commissione Caselli e presentarla in parlamento, il ministro della Giustizia avvierà un confronto con tutti gli stakeholders del settore, per raccogliere contributi e suggerimenti.
Dal Fatto alimentare – 28 novembre 2015