Enti locali nel mirino. In 21 anni nelle amministrazioni periferiche queste uscite sono aumentate del 212%, in quelle centrali del 27%
Solo per funzionare, la Pubblica amministrazione spende in «consumi intermedi» 92 miliardi all’anno, il 163% in più rispetto al 199o, mentre nello stesso periodo il Pil è cresciuto 35 punti in meno. Sono qui, oltre che nel pubblico impiego, i problemi principali nei conti italiani messi in luce dal primo Rapporto sulla spesa dello Stato previsto dalla riforma della finanza pubblica di fine 2009 e diffuso ieri dalla Ragioneria generale dello Stato. Pensato come cassetta degli attrezzi per le decisioni di finanza pubblica, il rapporto interviene sui temi chiave per l’attuazione delle misure di revisione della spesa. Sul versante dei «consumi intermedi», cioè a grandi linee le spese di funzionamento delle Pubbliche amministrazioni, i tecnici di Via XX Settembre offrono buoni argomenti al Governo e al commissario Enrico Bondi, sottolineando che il rigonfiamento delle uscite si è concentrato soprattutto nelle amministrazioni territoriali. Nelle amministrazioni centrali si incontra solo il 27% di queste uscite, che nelle amministrazioni locali sono invece più che triplicate nel periodo 1990-2011 ( +212%): si spiega anche con questi numeri il “protagonismo” involontario degli enti territoriali nella distribuzione dei tagli operata con il Dl 95/2012, ora da attuare con la concertazione destinata a chiudersi entro i130 settembre, ma va sottolineato che a dominare davvero la corsa sono gli enti sanitari, che hanno visto quasi quadruplicare nei 21 anni considerati dal Rapporto i propri consumi intermedi ( 277%). Fatto sta che la dinamica complessiva è quasi sempre stata più vivace rispetto a quella del prodotto interno lordo, con il risultato di rendere queste spese sempre più difficili da sostenere. Sulle politiche per il pubblico impiego, invece, i numeri messi in fila dalla Ragioneria generale offrono considerazioni più critiche. Il Rapporto riconosce gli effetti delle misure restrittive post-crisi, che hanno portato la spesa a diminuire dell’1,2% nel 2010-2011 dopo 12 annid i crescita ininterrotta, ma pone dubbi sulla «sostenibilità nel lungo periodo» dei vincoli assunzionali. Anche perché il problema non è nella dimensione degli organici, ma nella loro articolazione: tra il 2003 e il 2010, per esempio, il personale dei ministeri è diminuito del 5,6%, ma la spesa per retribuzioni è cresciuta del 15,9% e la retribuzione media individuale del 18,6%, anche per le generose politiche del personale che soprattutto in alcune amministrazioni hanno moltiplicato le promozioni e quindi l’incidenza delle qualifiche medio-alte. Un fattore che la revisione degli organici in programma entro il 3o ottobre non potrà ignorare.
Il sole 24 Ore – 6 settembre 2012