La strada verso la deospedalizzazione del Ssn? Procede ancora a rilento, soprattutto in alcune Regioni dove le corsie ospedaliere restano “padrone” dell’assistenza visto che almeno metà della spesa sanitaria avviene tra le mura dell’ospedale.
La soglia del 44% dei costi da destinare ai ricoveri, indicato come un indice di efficienza dal vecchio Patto per la salute 2010-2012, è raggiunta infatti solo da Veneto, Piemonte, Toscana ed Emilia Romagna. Le altre Regioni, chi più chi meno, si avvicinano poco o sono ancora lontane da quello standard virtuoso.
A riferirlo è il «rapporto nazionale di monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza» per gli anni 2007-2009 pubblicato nei giorni scorsi dal ministero della Salute e i cui contenuti sono analizzati sul numero 6 de Il Sole-24 Ore Sanità.
Si tratta del quinto report da quando sono stati approvati i Lea nel 2001 e rappresenta un «tentativo di illustrare in modo analitico e allo stesso tempo semplice, la reale situazione dell’assistenza sanitaria sul territorio nazionale – si legge nella premessa del rapporto – e l’effettiva attuazione dei livelli essenziali individuati a livello centrale».
Ebbene tra i tanti dati presenti salta sicuramente all’occhio quello della spesa ospedaliera. Che va detto è sicuramente in discesa negli ultimi anni praticamente ovunque (in modo evidente anche nelle Regioni sotto piano di rientro), ma in alcune realtà resta alta. Troppo alta.
Come detto il costo percentuale del livello di assistenza ospedaliera, la cui quota è fissata dall’ultimo Patto della salute al 44%, è un indicatore di «semplice e significativo utilizzo per quantificare la concentrazione di risorse che i sistemi sanitari regionali dedicano all’assistenza ospedaliera piuttosto che alla rete dei servizi territoriali e alle azioni di prevenzione per la tutela della salute collettiva». I numeri del 2009 – riferisce il rapporto nazionale di monitoraggio dei Lea – parlano di un’incidenza percentuale a livello nazionale che è stata pari al 46,97 per cento. In particolare il minimo di spesa lo tocca il Piemonte (43,4%), mentre il picco di costi in ricoveri e degenze viene registrato in Abruzzo, con ben il 53,8% della spesa. In regola con la soglia standard del “vecchio” patto sono, oltre al Piemonte, anche il Veneto (43,58%), la Toscana (44,42%) e l’Emilia Romagna (44,64 per cento). Molto meno virtuose sono invece, dopo l’Abruzzo, il Lazio (52,12%), la Sicilia (50,01%), il Friuli Venezia Giulia (49,38%) e la Sardegna (48 per cento).
Lo sbilanciamento della spesa verso l’ospedale si fa ovviamente sentire sulle altre due grandi voci dell’assistenza: prevenzione e territorio. Che secondo gli indici virtuosi segnalati dal Patto per la salute (ancora in vigore) dovrebbero, rispettivamente, incassare il 5% e il 51% della torta della spesa sanitaria complessiva del Ssn. Per la cosiddetta «assistenza distrettuale» il nostro Paese spende in media il 4,19%. E anche qui la variabilità è di rigore: in due Regioni, Friuli Venezia Giulia e Liguria, l’indicatore non raggiunge il 3% mentre in Valle d’Aosta, Sardegna, Umbria e Basilicata il costo del macrolivello supera il 5% dei costi complessivi.
Anche la “mitica” frontiera del territorio – considerata da anni la panacea contro gli sprechi dell’ospedale – è ancora tutta da raggiungere e conquistare per molte Regioni. Oggi la media italiana si attesta al 48,8%, ma con differenze che in questo caso sono molto più evidenti che per le altre voci. I valori più alti si registrano in Veneto ( da sempre Regione che investe sul territorio) con il 52,5%. E in Piemonte con il 52,4 per cento. Ma in regola con quanto indicato dal Patto per la salute ci sono anche Liguria (51,7%), Emilia Romagna e Toscana (entrambe a quota 51,2%). I valori più bassi si registrano invece in Abruzzo con il 41,9% e nel Lazio (44,6 per cento).
E a conferma del paramentro “ospedale” non ancora a norma secondo i Patti per la salute che vorrebbero fosse riservata a questa area solo un compito di alta specilità c’è il numero di posti letto per mille abitanti che ancora nel 2009 in molte Regioni non rispettava gli standard concordati.
Secondo i “vecchi” parametri (Patto per la salute 2010-2012: 4 posti letto per 1.000 abitanti, compresi 0,7 posti letto per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie; in precedenza 4,5) nel 2009 (ultimo anno disponibile) erano fuori norma dodici Regioni, quasi tutte del Centro-Nord. Se si applicasse l’ipotesi contenuta nelle bozze apocrife del Patto 2013-2015 (3,5 posti letto per mille abitanti, riabilitazione e lungodegenza comprese) sarebbero in torto tutte le Regioni, anche se per l’Umbria (3,7) e alcune del Sud (Campania, Puglia, Basilicata e Sicilia) si tratterebbe di abbassare di poco la soglia visto che sono tutte a 3,8-3,9 posti letto complessivi per mille abitanti.
Se poi però si analizza il dato singolo di lungodegenza e riabilitazione, solo sei Regioni (Lombardia ed Emilia Romagna a 0,8; Piemonte a 1; Lazio e Molise a 1,1 e Trento a 1,3) superavano 0,7 posti per 1.000 abitanti, altre quattro erano di poco sotto 0,6, che è anche la media italiana (Valle d’Aosta, Bolzano, Marche e Abruzzo), mentre le rimanenti sono tutte decisamente lontane, andando da 0,2 della Sardegna a 0,5 di Veneto, Liguria, Basilicata e Calabria.
Il totale dei posti letto per 1.000 abitanti era nel 2009 decisamente elevato rispetto allo standard (anche a quello precedente il Patto ancora in vigore), Trento (5) e Molise (5,7). Ma mentre ad alzare l’asticella di Trento sono proprio i numerosi ricoveri in riabilitazione e lungodegenza mentre per gli altri il totale si ferma a 3,7, per il Molise i soli ricoveri ordinari raggiungono i 4 posti letto per 1.000 abitanti, a cui si aggiunge lo 0,6 di day hospital e l’1,1 di riabilitazione e lungodegenza.
Sul versante opposto le Regioni con il minor numero di posti letto per 1.000 abitanti – Umbria, Campania e Basilicata – hanno una composizione dal punto di vista dell’utilizzo del tutto analoga: 2,9 posti letto per 1.000 abitanti nei ricoveri ordinari (2,8 la Basilicata); 0,5 per il day hospital; 0,3 l’Umbria, 0,4 la Campania e 0,5 posti letto per 1.000 abitanti in riabilitazione e lungodegenza.
L’analisi dell’applicazione dei Lea prende poi in considerazione anche il costo medio pro capite dei ricoveri. In diminuzione rispetto al 2008 nel 2009 (era a livello nazionale di 958 euro, è nel 2009 di 911,5) e anche rispetto al 2007 (era di 915,4 euro), il costo procapite dei ricoveri supera i mille euro solo in tre Regioni: Valle d’Aosta (1.055,4), Lazio (1.118,1) e Abruzzo (1.037,2). Calabria, Bolzano e Trento non hanno trasmesso il dato.
Sul versante dei costi sono al di sotto della media otto Regioni, tutte del Centro-Nord, tra cui compaiono quelle considerate più “virtuose”: Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Marche, ma anche la Liguria che all’epoca era sotto piano di rientro.
Lo sbilanciamento della spesa verso l’ospedale si fa ovviamente sentire sulle altre due grandi voci dell’assistenza: prevenzione e territorio. Che secondo gli indici virtuosi segnalati dal Patto per la salute (ancora in vigore) dovrebbero, rispettivamente, incassare il 5% e il 51% della torta della spesa sanitaria complessiva del Ssn. Per la cosiddetta «assistenza distrettuale» il nostro Paese spende in media il 4,19%. E anche qui la variabilità è di rigore: in due Regioni, Friuli Venezia Giulia e Liguria, l’indicatore non raggiunge il 3% mentre in Valle d’Aosta, Sardegna, Umbria e Basilicata il costo del macrolivello supera il 5% dei costi complessivi.
Anche la “mitica” frontiera del territorio – considerata da anni la panacea contro gli sprechi dell’ospedale – è ancora tutta da raggiungere e conquistare per molte Regioni. Oggi la media italiana si attesta al 48,8%, ma con differenze che in questo caso sono molto più evidenti che per le altre voci. I valori più alti si registrano in Veneto ( da sempre Regione che investe sul territorio) con il 52,5%. E in Piemonte con il 52,4 per cento. Ma in regola con quanto indicato dal Patto per la salute ci sono anche Liguria (51,7%), Emilia Romagna e Toscana (entrambe a quota 51,2%). I valori più bassi si registrano invece in Abruzzo con il 41,9% e nel Lazio (44,6 per cento).
E a conferma del paramentro “ospedale” non ancora a norma secondo i Patti per la salute che vorrebbero fosse riservata a questa area solo un compito di alta specilità c’è il numero di posti letto per mille abitanti che ancora nel 2009 in molte Regioni non rispettava gli standard concordati.
Secondo i “vecchi” parametri (Patto per la salute 2010-2012: 4 posti letto per 1.000 abitanti, compresi 0,7 posti letto per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie; in precedenza 4,5) nel 2009 (ultimo anno disponibile) erano fuori norma dodici Regioni, quasi tutte del Centro-Nord. Se si applicasse l’ipotesi contenuta nelle bozze apocrife del Patto 2013-2015 (3,5 posti letto per mille abitanti, riabilitazione e lungodegenza comprese) sarebbero in torto tutte le Regioni, anche se per l’Umbria (3,7) e alcune del Sud (Campania, Puglia, Basilicata e Sicilia) si tratterebbe di abbassare di poco la soglia visto che sono tutte a 3,8-3,9 posti letto complessivi per mille abitanti.
Se poi però si analizza il dato singolo di lungodegenza e riabilitazione, solo sei Regioni (Lombardia ed Emilia Romagna a 0,8; Piemonte a 1; Lazio e Molise a 1,1 e Trento a 1,3) superavano 0,7 posti per 1.000 abitanti, altre quattro erano di poco sotto 0,6, che è anche la media italiana (Valle d’Aosta, Bolzano, Marche e Abruzzo), mentre le rimanenti sono tutte decisamente lontane, andando da 0,2 della Sardegna a 0,5 di Veneto, Liguria, Basilicata e Calabria.
Il totale dei posti letto per 1.000 abitanti era nel 2009 decisamente elevato rispetto allo standard (anche a quello precedente il Patto ancora in vigore), Trento (5) e Molise (5,7). Ma mentre ad alzare l’asticella di Trento sono proprio i numerosi ricoveri in riabilitazione e lungodegenza mentre per gli altri il totale si ferma a 3,7, per il Molise i soli ricoveri ordinari raggiungono i 4 posti letto per 1.000 abitanti, a cui si aggiunge lo 0,6 di day hospital e l’1,1 di riabilitazione e lungodegenza.
Sul versante opposto le Regioni con il minor numero di posti letto per 1.000 abitanti – Umbria, Campania e Basilicata – hanno una composizione dal punto di vista dell’utilizzo del tutto analoga: 2,9 posti letto per 1.000 abitanti nei ricoveri ordinari (2,8 la Basilicata); 0,5 per il day hospital; 0,3 l’Umbria, 0,4 la Campania e 0,5 posti letto per 1.000 abitanti in riabilitazione e lungodegenza.
L’analisi dell’applicazione dei Lea prende poi in considerazione anche il costo medio pro capite dei ricoveri. In diminuzione rispetto al 2008 nel 2009 (era a livello nazionale di 958 euro, è nel 2009 di 911,5) e anche rispetto al 2007 (era di 915,4 euro), il costo procapite dei ricoveri supera i mille euro solo in tre Regioni: Valle d’Aosta (1.055,4), Lazio (1.118,1) e Abruzzo (1.037,2). Calabria, Bolzano e Trento non hanno trasmesso il dato.
Sul versante dei costi sono al di sotto della media otto Regioni, tutte del Centro-Nord, tra cui compaiono quelle considerate più “virtuose”: Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Marche, ma anche la Liguria che all’epoca era sotto piano di rientro.
sanita.ilsole24ore.com – 14 febbraio 2012