Grandi Stazioni arruola i falconieri: in azione le poiane, che svegliano e terrorizzano gli uccelli indesiderati
Quant’è contemporanea o forse semplicemente milanese, Dolores. Ha l’età giusta eppure ancora non fa figli. Rimanda. Di lei dicono, a sua discolpa: «Poveretta. Lavora tantissimo». Infatti. Eccola anche stanotte. All’una i piccioni della stazione Centrale vanno a dormire. Il falconiere Giovanni Paone, 41 anni, libera Dolores, poiana di dieci anni. L’età massima di una poiana è di vent’anni; il peso è di un chilo e i grammi bruciati per una caccia così, fino alle quattro del mattino, possono essere cento. Una faticaccia. Appostarsi, puntare, scendere in picchiata, piombare a una piuma, un pelo dal piccione per svegliarlo. Spaventarlo. Costringerlo a scappare.
Non ci sono prigionieri né omicidi. Il predatore vuole occupare il territorio e la preda deve lasciarlo. Il primo segna l’aria e i suoi confini. Il secondo fiuta e sgomma. Torneranno, i piccioni? «Si muovono a stormi. Arrivano insieme e insieme partono», dice Paone, calabrese. Cominciò per gioco. Con gli amici si divertiva a catturare i rapaci. A furia di inseguire si è innamorato. Sul serio. Ricambiato. Tra falconiere e animale si instaura un rapporto di fedeltà, fiducia. Dolores, per esempio: può controllarla soltanto Paone. Ai comandi degli altri, tutti gli altri, non risponde. Per carità, nulla a vedere con l’aquila. Tipo morboso, vendicativo, davvero accecato da eventuali concorrenti che fanno le dolci con il padrone. Ma la stazione non è posto per aquile. E nemmeno per i falchi. I falchi vengono lanciati in spazi aperti. Aeroporti. Cortili di condomìni. Quanto alle aquile, salgono fino a duemila metri e vengono utilizzate per braccare animali più grossi, cattivi, veloci. Da lassù, a un fischio del falconiere tornano a casa. Scendono. Ingoiano il cibo dato come premio per aver obbedito all’ordine.
«Sono in arrivo negozi grandi firme, ristoranti e falconieri», aveva promesso al Corriere, eravamo a ottobre, con la Centrale puro cantiere, l’amministratore delegato di Grandi Stazioni, Fabio Battaggia. I falconieri? «Dobbiamo arginare l’invasione dei piccioni. Sporco, danni». Promessa mantenuta, fin qui. C’è del lavoro da finire, Dolores e gli altri torneranno. Gli altri: una coppia di poiane, sesso maschile. Avendo debuttato dal punto di vista occupazionale a Milano, sono stati ribattezzati Totò e Peppino. Hanno meno eleganza. È la femmina il capobranco. Dolores parte e i due la seguono. A furia di guardare, e provare e riprovare, e sbagliare e ricominciare, di norma alla terza notte, ci viene spiegato, riescono a svolgere il proprio dovere. Rispetto alle femmine, ci mettono un po’ a capire, ingranare.
Novantacinque i negozi previsti nella nuova Centrale, settantacinque gli operativi, dodici quelli quasi pronti. Ci siamo. La riqualificazione è completa. E allora si tirerà il fiato. Le poiane hanno già iniziato. Ieri mattina hanno fatto il pieno di viveri. Dopodiché sono sprofondate nel sonno. Ingozzarsi e appisolarsi è il modo per placare l’adrenalina. Per rendere sano il riposo. Ma prima bisogna guadagnarselo. Lavorare, dunque. Le poiane attendono in una gabbia coperta. Buio. Per la concentrazione. Perché luci e movimenti non creino agitazione. Paone e i collaboratori le fanno uscire. Le poiane si appoggiano sul braccio. Si guardano attorno. Studiano. Adocchiano. Addosso hanno un chip: è un satellitare. Gesti inconsulti del falconiere e il passaggio di persone sconosciute possono spaventare gli animali. Creare confusione. Mandarli in tilt. Una volta una poiana non tornò più indietro. Sparì da una lontana provincia. Dove finì? A Milano, ovvio. Fuggiva, forse emigrava.
Corriere.it – 18 febbraio 2011