Giovanni Viafora. Sapete quanti soldi lo Stato ha fatto pagare finora a noi italiani per le multe dovute al superamento delle quote latte? Poco meno di 4,5 miliardi di euro, che, calcolatrice alla mano, sono 75 euro e 62 centesimi a testa. Neonati compresi. Ci si sarebbe potuti concedere qualche bagnetto in stile Poppea (anche se quello, a dirla tutta, era latte d’asina…). Ebbene, il guaio è che potrebbe non essere finita qui. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, infatti, accogliendo le conclusioni dell’avvocato generale dell’Ue Eleanor Sharpston, ha condannato ieri l’Italia per non avere recuperato dai produttori «splafonatori» parte di quel debito: parliamo di una cifra pari a 1,3 miliardi di euro, che riguarda le multe per lo sforamento della produzione di latte dal 1995 al 2009.
«L’Italia non ha predisposto in un lungo arco temporale (12 anni) — ha motivato la Corte — i mezzi legislativi e amministrativi idonei ad assicurare il regolare recupero del prelievo supplementare nei confronti dei produttori in concreto responsabili del superamento delle quote». Per cui ora il nostro Stato si dovrà uniformare alla sentenza dei giudici di Lussemburgo altrimenti, in caso di inottemperanza, si esporrà a una nuova causa che potrebbe comportare un’ennesima, pesante sanzione.
Il Veneto, inutile ricordarlo, in questa partita, c’è dentro fino al collo. Circa un terzo dell’intero debito nazionale, infatti, riguarda proprio produttori della nostra regione. La stima è di 420 milioni di euro, per circa 300 produttori lattieri (il 10% del totale in Veneto), che ancora non si sono uniformati. Metà di loro, in questi ultimi mesi, è stata raggiunta dalle cartelle esattoriali inviate su input del governo; mentre un’altra metà si è arroccata in contenziosi civili, amministrativi e pure penali che hanno in sostanza congelato le riscossioni (senza contare invece quella parte di produttori che in questi anni sono praticamente scomparsi, rendendo impossibile il recupero delle somme). Un quadro estremamente complesso, quindi, che al momento rende difficile capire esattamente che piega potrà prendere la faccenda.
Ciò che invece è chiaro è lo scontro politico. Inevitabile, verrebbe da dire, in una vicenda che negli ultimi 20 anni — e in sostanza cioè dalla storica protesta di Vancimuglio del 1997 («I gloriosi 72 giorni di presidio») — non solo ha visto succedersi ben 13 Ministri dell’Agricoltura; ma ha visto schierarsi in modo netto — almeno fino a un certo momento storico — al fianco dei produttori «splafonatori» un intero partito. La Lega Nord.
Ieri, non a caso, si è aperto subito un fuoco di fila contro il Carroccio. «La condanna è una pesante eredità che arriva dal passato e che ha forti responsabilità nelle scelte fatte in particolare dalla Lega e dalla destra a quel tempo al governo — ha attaccato l’attuale ministro dell’Agricoltura, il dem Maurizio Martina —. Purtroppo prima del 2014 sono state prese decisioni che hanno danneggiato migliaia di allevatori onesti e tutti i cittadini. Noi invece abbiamo avviato un percorso di risanamento». E a Martina ha fatto eco la parlamentare Alessia Rotta (sempre Pd), che ha chiamato in causa direttamente il governatore del Veneto Luca Zaia, che nel 2009, da Ministro dell’Agricoltura, aveva concesso la rateizzazione del debito ai produttori lattieri in crisi: «Caro Zaia — ha scritto — le multe miliardarie per le quote latte hanno un solo responsabile, la Lega. Avete ingannato centinaia di allevatori onesti e fatto pagare un conto da 4,5 miliardi di euro ai cittadini italiani».
Zaia, però, ha replicato per le rime (facendo capire quanto lontano sia il tempo in cui Umberto Bossi rassicurava da Pontida gli allevatori: «A voi ci pensiamo noi…»). «Credo di essere stato l’unico ministro a introdurre per la prima volta nella storia una rateizzazione onerosa, pagando degli interessi — ha puntualizzato il presidente della Regione —. Cosa mai accaduta in Italia, e con la possibilità di regolare le produzioni. La vicenda delle quote latte — ha proseguito quindi Zaia — si perde nella notte dei tempi. È bene ricordare che il regime delle quote latte è iniziato nei primi anni ‘80 (le prime carte risalgono al 1981) ed è cessato il 31 marzo 2015. E in tutti questi anni sono emersi un sacco di problemi». Primo tra tutti quello riguardante il calcolo reale delle produzioni di latte, questione finita al centro di tre differenti commissioni di indagine condotte da Guardia di Finanza e da Carabinieri. E mai del tutto chiarita. «I grandi proclami dell’allora ministro Zaia, ecco dove hanno portato — ribatte però ancora il consigliere regionale dem Graziano Azzalin — Tanta propaganda e pugni pieni di mosche». E ora? «È una faccenda che deve sbrigarsi la Lega», tagliano corto i Cinque stelle. Una faccenda da 1,3 miliardi che intanto però incombe ancora sulle nostre tasche.
IL Corriere del Veneto – 25 gennaio 2017