Un tetto di spesa rigido ma non troppo. È quello che si sta studiando per finanziare l’avvio delle nuove anzianità con “quota 100” e garantirne una fisionomia il più possibile strutturale. Il Fondo ad hoc da 6,7 miliardi nel 2019 e 7 dal 2020 che viene attivato per i ritiri a 62 anni con 38 di contributi non solo è concepito in compensazione con il Fondo per il Reddito di cittadinanza. Se la spesa del primo anno si rivelasse inferiore a quanto previsto, le risorse residue potrebbero essere convogliate nell’anno successivo e così via con il passaggio a regìme. Un’ipotesi tutt’altro che remota, visto che le uscite effettive del 2019 con le 4 finestre trimestrali potrebbero anche fermarsi a 200/250mila lavoratori, molti ma molto meno dei 400mila finora annunciati dal governo. A rafforzare l’ipotesi di un avvio soft di “quota 100” c’è anche la richiesta, avanzata dalla ministra Giulia Bongiorno, di riconoscere gli stessi requisiti anche per i dipendenti pubblici ma con un diritto alla decorrenza posticipato di qualche mese.
Ancora i tecnici dei ministeri del Lavoro e dell’Economia hanno lavorato alle norme, alla ricerca della quadratura finale delle misure che, ha ribadito il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, saranno in ogni caso strutturali.
Sul tetto di 7 miliardi di spesa per le pensioni ieri s’è espresso il presidente dell’Inps, Tito Boeri. «Non è compatibile» con le scelte annunciate finora dal governo, ha detto: «È molto stretto vedremo quali misure verranno adottate». Un’opzione a questo punto verosimile è che si rinunci all’idea di bloccare gli adeguamenti automatici alla speranza di vita dei requisiti di anticipo (43 anni e 3 mesi uomini, 42 e 3 mesi donne) e di vecchiaia (67 anni) previsti da gennaio.
Boeri ha anche assicurato che Inps farà una «campagna informativa in vista delle scelte di pensionamento» che si dovranno fare con le nuove regole: «Il modo migliore per affrontare una scelta – ha detto – è simulare quanto si prenderebbe di pensione uscendo con l’età di vecchiaia e quanto si ottiene uscendo dal lavoro subito».
Al tavolo tecnico di ieri sera si sarebbe affrontato anche il nodo delle pensioni d’oro. Le alternative aperte restano due: un blocco dell’indicizzazione all’inflazione sopra una certa soglia e per un certo periodo o un contributo di solidarietà. Sulla prima misura vale ricordare che l’attuale sistema di indicizzazione su cinque fasce piatte anzichè sui tre vecchi scaglioni della legge 388/2000, ha fatto risparmiare circa 3-400 milioni l’anno; una deroga in corso da otto anni e che dovrebbe terminare a gennaio.
Intanto dalle bozze in circolazione del disegno di legge di Bilancio spunta la proroga di un anno dei due ecobonus (65% per impianti termici, 50% per ristrutturazioni e finestre, 36% giardini) misura che il vicepremier Di Maio vorrebbe allungare per il prossimo triennio, magari con alcuni ritocchi alla manovra durante il suo cammino parlamentare. Il testo definitivo dovrebbe approdare in parlamento alle fine del mese, anche se non si esclude uno slittamento alla prima settimana di novembre.
Tra le misure che sembrano trovar conferma c’è lo stanziamento di 150 milioni in tre anni per ridurre le liste d’attesa e le prestazioni sanitarie. Queste risorse saranno ripartite tra le regioni sulla base di un apposito decreto dei ministeri della Salute e dell’Economia. Fondi in arrivo anche per il finanziamento dei piani di sicurezza e manutenzione di strade e scuole (250 milioni annui). Ancora in bilico, invece, il prolungamento di un anno del cosiddetto sport-bonus, il credito d’imposta al 65% riconosciuto alle erogazioni liberali destinate alla manutenzione e restauro di impianti sportivi.
IL SOLE 24 ORE
Davide Colombo
Marco Rogari
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