Una soluzione innovativa. È quella che potrebbe contenere la disciplina speciale con cui verrà definita “quota 100” per il pubblico impiego. Coloro che sceglieranno di ritirarsi con la nuova anzianità (almeno 62 anni d’età e 38 di contribuzione) potrebbero ricorrere a un anticipo bancario del trattamento di fine servizio (o fine rapporto) con il rimborso degli interessi a carico dello Stato.
Attualmente dal momento del collocamento a riposo possono decorrere da un minimo di 12+3 mesi ad un massimo di 24+3 mesi per il primo rateo di tfs/tfr (fino a 50mila euro di importo e fino ad un massimo di tre rate una ogni anno). Per i “quotisti” invece di aspettare oltre due anni si potrebbe aprire la possibilità del prestito-ponte bancario a costo zero, una soluzione in parte mutuata dall’esperimento in corso dell’Ape volontaria. L’ipotesi è tutt’ora al vaglio politico e concorre con l’alternativa del posticipo di pagamento del tfs/tfr, caldeggiata dalla Ragioneria generale dello Stato come disincentivo al pensionamento in massa nel 2019. Solo questa voce potrebbe avere un impatto di spesa attorno ai circa 4 miliardi.
La decisione sarà presa in tempi rapidi. Anche perché per il pacchetto quota 100 si sta riaffacciando l’ipotesi di ricorrere a emendamenti del governo o del relatore in uno dei due passaggi parlamentari della manovra, in alternativa all’opzione del disegno di legge “collegato”. Con il trascorrere dei giorni sembra invece perdere quota lo strumento del decreto legge.
Se si optasse per il prestito-ponte, con tanto di convenzioni bancarie da adottare, la soluzione sarebbe poi valida anche per tutte le altre forme di pensionamento nella Pa: si supererebbe in questo modo il problema del pagamento differito della liquidazione, decisa qualche anno fa per contenere la spesa, e ora oggetto di ricorsi davanti alla Consulta per disparità di trattamento rispetto ai privati.
Oltre al disincentivo implicito del pagamento a 24 mesi del tfs/tfr, per il pubblico saranno previsti 3 mesi di differimento della nuova normativa rispetto ai privati e gli autonomi. Spiega il ministro per la Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno: «I dipendenti pubblici sono al servizio della Nazione ed il relativo rapporto di lavoro non può prescindere dall’obbligo di assicurare la continuità dei servizi pubblici ed il corretto svolgimento delle funzioni da parte della pubblica amministrazione». Chi nella Pa opterà per quota 100 avrà poi una finestra più lunga di sei mesi prima della decorrenza della pensione: «Sempre nell’ottica – afferma il ministro – di una corretta programmazione delle sostituzioni e della concreta staffetta tra lavoratori, per assicurare il trasferimento della memoria istituzionale e delle conoscenze, i dipendenti pubblici dovranno presentare domanda di pensionamento quota 100 con un preavviso di 6 mesi».
Altra misura per evitare il rischio che i nuovi pensionamenti con quota 100 lascino vuoti negli organici è la probabile disapplicazione, per il 2019, dell’obbligo per le amministrazioni del collocamento a riposo dei dipendenti una volta superato il limite ordinamentale per la permanenza in servizio (generalmente pari a 65 anni). Ulteriori ipotesi di intervento conservativo allo studio sono poi il via libera alla sostituzione immediata del personale che cessa, quindi nel corso del medesimo anno senza attendere l’anno successivo, e la realizzazione di procedure concorsuali più rapide.
Secondo le stime dell’Ufficio parlamentare di Bilancio l’anno prossimo potrebbero essere 157.431 i dipendenti pubblici con i requisiti di quota 100. Negli ultimi dieci anni i dipendenti che hanno lasciato il servizio con le sole forme di pensionamento anticipato (vecchiaia e invalidità escluse) sono stati 581mila a ritmo di 58mila unità annue in media. Per colmare i vuoti si prevede un triplice intervento: le 16mila assunzioni previste in legge di Bilancio più le 12mila per il comparto scuola, per un totale di circa 29mila ingressi cui mancano ancora quelli per la sanità. A questi reclutamenti vanno poi aggiunti quelli previsti dal Dl concretezza, in cui si prevede per la Pa centrale la possibilità, dal 2019, di procedere ad assunzioni con una spesa pari al 100% di quella relativa al personale di ruolo uscito l’anno precedente.
Il Sole 24 Ore
Davide Colombo
Marco Rogari