Optare per “quota 100” ha un costo per lo Stato e un costo per il lavoratore che decide di andare in pensione fino a 5 anni prima rispetto ai requisiti Fornero. Per lo Stato l’onere da sostenere, in termini di maggiore spesa previdenziale, arriva a 17 miliardi nei primi tre anni e fino a 140 miliardi dopo 10 anni di applicazione delle nuove norme. Per il lavoratore scegliere la nuova anzianità significherebbe rinunciare fino al 20-21% (il 4% l’anno circa) di assegno Inps rispetto a quanto avrebbe incassato lavorando fino a 67 anni.
In attesa di conoscere le misure definitive che entreranno in manovra ieri il presidente dell’Inps, Tito Boeri, è tornato a offrire valutazioni d’impatto del “pacchetto previdenza” nel corso di un’audizione in Commissione Lavoro, alla Camera. Il costo d’insieme offerto per “quota 100”, ovvero l’anzianità con 62 anni e 38 di contributi minimi, sommato alla proroga di “opzione donna”, dell’Ape sociale e al congelamento degli adeguamenti automatici alla speranza di vita dei requisiti attuali (42 anni e 10 mesi o 67 anni fino al 2021) è di 7 miliardi il primo anno, 11,5 il secondo e 17 il terzo. Mentre il maggiore debito pensionistico implicito sarebbe pari a 117 miliardi circa. «Fino al 2046 si spendono 400 miliardi in più e dopo si hanno risparmi» ha avvertito Boeri sottolineando il forte onere legato alla mancata indicizzazione alla speranza di vita. Per il quotista, invece, il costo dell’uscita anticipata può valere fino a 500 euro in meno al mese. L’esempio proposto è quello di un pensionando della Pa (montante a calcolo retributivo fino al 2011 e contributivo negli anni successivi) che esce con uno stipendio annuo di 40mila euro: con 5 anni di minori versamenti e cogliendo un coefficiente di trasformazione minore anziché prendere una pensione di 36.500 euro annui si fermerebbe a circa 30mila. Le stime Inps sulla maggiore spesa sono state fatte ipotizzando un’adesione del 90% a “quota 100” perché, ha spiegato, il divieto di cumulo tra reddito di lavoro e pensione verrebbe letto come un disincentivo. La propensione a lavorare dopo la pensione, secondo dati 2016, è attorno al 20% per i sessantenni.
Boeri ha infine ribadito che dalla correzione attuariale sulle “pensioni d’oro”, dai 90mila euro lordi, si potrebbero ottenere 150 milioni di risparmi l’anno, che salgono a 300 se la correzione scattasse invece dai 78mila euro. Ma la via del cosiddetto “ricalcolo” delle “pensioni d’oro” è ormai tramontata. Fonti Lega e M5S hanno confermato che le ipotesi alternative sono due: un contributo di solidarietà oppure fermare la rivalutazione all’inflazione. Potrebbe essere scelto anche un mix delle due opzioni, comunque considerate temporanee.
IL SOLE 24 ORE
Davide Colombo
Boeri ha infine ribadito che dalla correzione attuariale sulle “pensioni d’oro”, dai 90mila euro lordi, si potrebbero ottenere 150 milioni di risparmi l’anno, che salgono a 300 se la correzione scattasse invece dai 78mila euro. Ma la via del cosiddetto “ricalcolo” delle “pensioni d’oro” è ormai tramontata. Fonti Lega e M5S hanno confermato che le ipotesi alternative sono due: un contributo di solidarietà oppure fermare la rivalutazione all’inflazione. Potrebbe essere scelto anche un mix delle due opzioni, comunque considerate temporanee.
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