La maggioranza ha presentato una proposta di legge per ridurre gli importi superiori ai 4.500 euro netti. “Così si finanzia l’aumento degli assegni sociali sotto i 780 euro al mese”. Dal taglio arrivano 300 milioni. La Lega conferma la quota 100 con 62 anni e 38 di contributi ma costa circa 8 miliardi solo per il primo anno
Pensioni più alte. Sopra la soglia dei 4.500 euro l’assegno tagliato fino al 17 per cento
Ricalcolo per le pensioni superiori ai 4.500 euro netti mensili. La nuova proposta di legge M5S-Lega sul taglio delle cosiddette “pensioni d’oro” restringe la platea dei pensionati che subiranno i tagli rispetto agli iniziali 4.000 euro, ma lascia ancora un margine d’incertezza sulle cifre e soprattutto sulla legittimità giuridica dell’operazione. Le pensioni coinvolte sono quelli pari o superiori ai 90.000 euro lordi annui. Stefano Patriarca, economista del centro studi Tabula, ha fatto i conti e ritiene che la platea interessata possa essere di circa 40.000 pensionati (50.000 se si tiene conto anche di chi percepisce due o più pensioni). Un calcolo che però andrebbe fatto tenendo conto anche della clausola di salvaguardia dell’art.4 del disegno di legge, che esclude gli assegni inferiori ai 4.500 euro netti mensili. Un reddito lordo di 90.000 euro si traduce in un assegno netto mensile di 4.250-4.300 euro, perché il netto dipende spesso da situazioni personali, ed è per questo che di solito le norme usano come riferimento l’ammontare lordo di stipendi e pensioni. Considerando la pensione lorda, il ricalcolo si tradurrebbe in un taglio medio intorno al 17%. «Se consideriamo la clausola di salvaguardia — dice Patriarca — si può scendere al 12%».
Per chi è andato in pensione in età relativamente giovane può arrivare fino al 25%. Al netto la penalizzazione è tra il 15 e l’11%.
Ricavato dell’operazione: 300 milioni.
L’operazione potrebbe però violare il principio del legittimo affidamento (cioè il patto di fiducia tra i pensionati e lo Stato). I promotori del progetto lo sanno bene, e infatti nella relazione si afferma che la Consulta nelle ultime sentenze ha dato maggior peso allo «spirito costituzionale di solidarietà politica»: in tempi di crisi, cioè, vanno maggiormente salvaguardati i principi di equità, purché l’intervento risponda a criteri di equilibrio e ragionevolezza e le risorse rimangano nell’ambito del welfare. Tutto corretto, ma la Corte ha stabilito anche un altro principio: la temporaneità dell’intervento.
Un contributo di solidarietà che si limita a colpire per alcuni anni gli assegni pensionistici più alti potrebbe essere ritenuto ampiamente legittimo, un taglio permanente no, perché a quel punto non si tratterebbe più di bilanciamento di interessi: quello dell’affidamento risulterebbe schiacciato
Cambia la Fornero e con quota 100 almeno 350 mila subito a riposo
Su quota 100 siamo in «dirittura d’arrivo», assicuravano ieri i responsabili economici della Lega dopo il vertice a quattro tra Massimo Garavaglia, viceministro all’Economia, Massimo Bitonci, sottosegretario allo stesso dicastero, Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro e il vicepremier Matteo Salvini per mettere a punto le proposte in vista dell’incontro di governo che dovrebbe tenersi oggi.
La proposta di riforma della legge Fornero che arriverà sul tavolo del ministro dell’Economia, Giovanni Tria, è quella originaria avanzata dalla Lega, la “quota 100”: si potrà andare in pensione se sommando l’età anagrafica e quella contributiva si arriverà a 100. L’età minima indicata è 62 anni con 38 di contributi. Per ora, la proposta leghista non prevede paletti, quindi quota 100 libera, il che porterebbe in pensione nel 2019 più «di 400 mila persone», calcolano i responsabili economici del partito, e il costo stimato per poterla realizzare è di circa 8 miliardi.
Come verranno finanziati? «La riforma è realizzabile in modo efficace e ragionevole, con oneri sopportabili per la finanza pubblica. Sarà realizzata con misure di buon senso», dicono i collaboratori di Salvini che contano di reperire una parte delle risorse dalla «pace contributiva», anche se ieri il ministro Tria ha precisato che non è possibile per ora stabilirne il gettito esatto del condono. Risparmi poi potrebbero arrivare secondo i leghisti da un «patto generazionale nel pubblico impiego».
La società Tabula di Stefano Patriarca ha provato a calcolare l’impatto della riforma sia in termini di persone coinvolte che di costi. La sola quota 100 con 62 anni di età potrebbe interessare 350mila persone il primo anno per un costo di circa 8 miliardi e 500 milioni, dunque coincidente con le stime della Lega, e di circa 11 miliardi a regime. Mantenendo l’età minima a 62 anni, con la quota 100, unita però alla quota 41,5 gli anni di contributi minimi per uscire dal lavoro a prescindere dall’età – i beneficiari potrebbero essere 660 mila. La stima viene fatta da Tabila sulla base delle uscite anticipate delle diverse gestioni Inps nel 2017: 153.541.
Per dare a tutti 780 euro al mese bisogna stanziare circa 10 miliardi
Il Movimento 5 Stelle assicura che dal 1 gennaio 2019 saranno introdotte le pensioni di cittadinanza, ovvero le integrazioni che dovrebbero consentire a chi percepisce l’assegno minimo di arrivare a 780 euro al mese, e uscire dalla soglia di povertà indicata dall’Ocse.
Una misura di “equità e giustizia” irrinunciabile per i Cinque Stelle, ma che al ministero dell’Economia viene giudicata incompatibile con l’avvio anche del reddito di cittadinanza: le risorse per realizzare entrambe le riforme non ci sono.
Cruciale è la definizione della platea a cui sarebbero destinati gli assegni. Alberto Brambilla, esperto di pensioni vicino alla Lega, calcola che per dare ai circa 970 mila invalidi italiani che percepiscono 285 euro al mese per tredici mesi la somma di 780 euro al mese servirebbero circa 6 miliardi e 300 milioni l’anno. Altri 4 miliardi andrebbero recuperati per pagare il nuovo assegno ai 900 mila circa che percepiscono la pensione sociale da 453 euro al mese. In totale sono già più di dieci miliardi. A questi bisogna aggiungere i soldi necessari a integrare le pensioni minime fissate invece a 507 euro al mese. Le proiezioni di Stefano Patriarca, esperto di previdenza e fondatore di Tabula, sono invece diverse perché tarate su una platea più ristretta.
I costi della misura, secondo i calcoli della società di consulenza, sono tra i due e i quattro miliardi. Una forchetta ampia che viene stimata in base al progetto originario del M5s che prevedeva la pensione di cittadinanza solo per i nuclei con un reddito familiare complessivo al di sotto della soglia di povertà, e quindi non anche per i pensionati con un assegno inferiore ai 780 euro.
Comunque una spesa non inferiore ai due miliardi, perché, ricorda Patriarca, solo il costo del rafforzamento delle quattordicesime per i pensionati voluto dal governo Renzi «è stato di 1,2 miliardi, eppure riguardava una platea abbastanza limitata, e l’aumento era di circa 660 euro netti su 12 mensilità, quindi in fondo circa 50 euro al mese».
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