La guerra del latte in Francia prosegue, ma Lactalis prova a tendere un ramoscello d’ulivo agli allevatori aumentato unilateralmente da 0,259 centesimi al litro fino a 0,275 il prezzo cui pagherà le forniture di materia prima a partire dal prossimo primo settembre. Dieci ore di trattative che si sono prolungate nella notte tra giovedì a venerdì tra l’azienda e i produttori si sono chiuse con un nulla di fatto: il gruppo della famiglia Besnier, secondo le indiscrezioni, avrebbe proposto in una prima fase un aumento dei prezzi fino a 0,265 centesimi.
La controparte, agguerritissima e sostenuta da un blocco di trattori e bovini all’esterno del quartier generale di Lactalis a Laval avrebbe risposto picche, chiedendo di salire a 0,29, quanto pagano i concorrenti. Alla fine, nulla di fatto. E nelle prossime ore, malgrado il gesto di buona volontà dell’azienda transalpina, i sindacati potrebbero accentuare i blocchi e avviare un vero e proprio boicottaggio dei prodotti della società che controlla tra l’altro i marchi Parmalat e Galbani.
«Ci pare che Lactalis non avesse alcuna intenzione di scendere a compromessi – ha detto Florent Renaudier, dell’unione allevatori Fdsea -. A noi produrre un litro di latte costa 0,33 centesimi, non possiamo lavorare in perdita». I Besnier hanno ribaltato le accuse: «Sono stati i rappresentanti dei lavoratori ad irrigidirsi – ha detto un portavoce – arroventando un confronto che danneggia la nostra immagine». Il gruppo ha anche fatto denuncia contro i blocchi ai suoi stabilimenti, chiedendo lo sgombero immediato.
Il braccio di ferro non si risolverà in tempi stretti. Anche perchè il crollo dei prezzi del latte (0,277 quello medio in Francia) è un dato congiunturale figlio dell’addio al sistema delle quote. L’Europa ha aperto il mercato al latte low-cost in arrivo da Cina e Paesi Baltici, Irlanda, Olanda, Germania e Gran Bretagna hanno aumentato la produzione e l’offerta ha spedito al ribasso in modo strutturale le quotazioni. In Lituania viaggiamo oggi sui 15 centesimi al litro, in Germania 23, in Gran Bretagna 25. E Lactalis non ha alcuna intenzione di ancorarsi per troppo tempo a quotazioni fuori mercato, nemmeno se la conseguenza è la chiusura di diversi impianti produttivi in Francia. Si vedrà se i Besnier riusciranno a sostenere le loro posizioni. La politica transalpina è in gran parte schierata a fianco degli allevatori, una lobby che vale molti voti. E in molti iniziano a mettere nel mirino la segretezza dei conti dell’azienda, che non è quotata e pubblica solo a singhiozzo i suoi bilanci.
Il ministro all’agricoltura transalpino Stephane Le Foll ha chiesto alle due parti di «dare prova di responsabilità e di riprendere le trattative». Da parte sua il governo si riunirà martedì prossimo per lanciare una politica di sostegno alla filiera lattiero casearia. In azienda ci sono incentivi al settore (da sottoporre al vaglio della Ue) e provvedimenti sull’obbligo della dichiarazione d’origine del latte in etichetta, come chiedono da tempo i produttori che potrebbero a quel punto ridimensionare le richieste.
Repubblica – 27 agosto 2016