Quattro anni di Covid, in Veneto un conto pesantissimo: 2.840.379 casi, 17.459 vittime
FRANCESCO JORI, il Mattino di Padova. Fino a quattro anni fa, ne conosceva l’esistenza solo una ristretta cerchia di appassionati di curiosità statistiche: assieme a Ne in provincia di Genova e a Re in quella di Verbano, la padovana Vo’ era nota soltanto per essere il paese col nome più corto d’Italia.
Ma dal 21 febbraio 2020, quel nome è rimbalzato nell’intera penisola, e pure fuori dai confini, per la morte di un suo abitante: Adriano Trevisan, 77 anni, prima vittima del Covid.
Nove giorni prima era stato ricoverato nell’ospedale di Schiavonia, in terapia intensiva.
Un paio di settimane dopo il decesso, identica sorte sarebbe toccata a un suo amico, con cui usava giocare a carte: Renato Turetta, 67 anni.
Da quel giorno siamo cambiati tutti, avrebbe detto Manuela, la figlia di quest’ultimo, il 18 marzo 2022, nella giornata mondiale del ricordo delle vittime.
Da quel tragico 21 febbraio Vo’ era diventata l’avamposto della lotta alla pandemia: isolata dal resto del mondo, le sue poco più di tremila anime bloccate in un paese marchiato dalla zona rossa, una quarantena di massa che sarebbe durata fino al 3 marzo.
Lì poco dopo arrivava l’équipe di Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova: il quale di persona conduceva uno screening di massa sulla popolazione mediante tamponi; studio che sarebbe diventato fondamentale per la lotta al virus.
Al ruolo di Vo’ avrebbe attribuito uno specifico riconoscimento il capo dello Stato Sergio Mattarella, arrivando assieme al ministro all’Istruzione Lucia Azzolina a inaugurare, il 14 settembre 2020, l’anno scolastico dell’istituto comprensivo intitolato a Gianni Rodari e Guido Negri.
Quattro anni dopo, il Veneto si trova di fronte a un conto pesantissimo inflittogli dalla pandemia: 2.840.379 casi sugli oltre 26 milioni registrati in tutta Italia, 17.459 vittime, 2.813.085 pazienti guariti, ma in molti casi con postumi pesanti a diversi livelli per quello che viene chiamato il long-Covid.
Uno tsunami passato, ma che registra ancora sia pur modestissime code: i positivi sono 9.835, anche ieri con un incremento di 28 unità; sempre ieri si sono registrati 77 nuovi casi.
Con un trend che ha avuto un’impennata drammatica nel 2022, fino a toccare i 288.819 casi all’antivigilia di Natale. Con il picco delle vittime pochi giorni dopo, il 29: 191. E anche se nella vita quotidiana è tornata la normalità, alcune misure di contrasto rimangono in vigore: a partire dalle mascherine, obbligatorie in certi contesti fino al prossimo 30 giugno.
Sono stati quattro anni, per il Veneto come per il resto d’Italia, partiti con un’ondata di ottimismo ma presto degenerati in una serie di aspri contrasti e feroci polemiche.
Dall’inno nazionale e dal Ce la faremo declamati dai balconi, agli scontri esplosi soprattutto intorno al ricorso al vaccino. Le persone confinate in una casa che presto è stata avvertita da molti come un carcere. La classica stretta di mano retrocessa a fugace contatto di gomito.
Il lavoro quotidiano e le riunioni periodiche a distanza, ciascuno blindato davanti al computer. Negli ospedali, le terapie intensive prese d’assalto, in cui il personale sanitario si è reso protagonista di atti di autentico eroismo, con un patrimonio di consensi peraltro eroso rapidamente: fino a degenerare in troppi casi in vere e proprie aggressioni, verbali e fisiche.
E l’intera medicina messa in ginocchio: la necessità di concentrare le risorse umane, cliniche, organizzative sul contrasto al Covid ha penalizzato ogni altro settore ospedaliero, con liste d’attesa esplose sia negli interventi chirurgici che nelle prestazioni ambulatoriali. In quattro lunghi, feroci, devastanti anni, il coronavirus esploso in Cina alla fine del 2019 ha lasciato il segno non solo sulla salute fisica di tante, troppe persone, ma pure su quella psicologica della collettività: siamo tutti cambiati, in peggio.
Anche perché sappiamo che non è finita qui: gli esperti ci segnalano che già in questo 2024 dovremo far fronte a nuove ondate di virus, con l’arrivo di agenti patogeni mai visti o comunque rarissimi.
La guerra continua