È stato un anno di tregua il 2018 per le predazioni dei lupi nella Lessinia veronese, vicentina e trentina. È il dato più evidente che spunta dalla raccolta del numero di predazioni denunciate dagli allevatori per la perdita di patrimonio zootecnico e rendicontate dal Parco naturale regionale della Lessinia sulla scorta del monitoraggio eseguito dal Servizio guardiaparco, dai Carabinieri forestali del Comando di Bosco Chiesanuova, dai corpi di Polizia provinciale di Verona e Vicenza e dalla Stazione forestale di Ala della Provincia autonoma di Trento. I dati forniti parlano di 102 capi predati nella Lessinia veronese e vicentina (36 bovini, 5 asini, 57 pecore e 4 capre), a cui vanno aggiunti i 13 capi, tutti bovini, della Lessinia trentina, che portano il totale a 115 capi, di cui 12 attribuiti a canide, ma risarciti dalla Regione Veneto alla stregua di quelli attribuiti con certezza al lupo.
DAL CONFRONTO con il 2017 balza evidente il calo (da 167 capi predati a 115) pari al 31 per cento in meno, ma è ancora maggiore l’evidenza se si considerano i singoli episodi predatori: solo 60 eventi fra Veneto e Trentino nel 2018 contro i 109 dell’anno precedente, con una diminuzione di quasi il 45 per cento. Che cosa è successo? Tante cose, a partire dal numero di lupi presenti in Lessinia: meno bocche da sfamare e di conseguenza meno predazioni. Il monitoraggio realizzato in questi anni evidenzia bene la curva delle presenze: dalla coppia Alfa (Slavc lupo di ceppo dinarico-bacanico in dispersione dallo Slovenia e Giulietta, lupa di ceppo italico in dispersione presumibilmente dalle Alpi occidentali) presente dalla fine dell’inverno 2012, sono nati finora 26-27 cuccioli. Alla prima riproduzione del 2013, con due nuovi nati, si sono via via aggiunti i parti degli anni seguenti (sette cuccioli nel 2014, sette nel 2015, sei nel 2016, cinque nel 2017) che hanno portato prima alla costituzione di un branco stabile inizialmente di quattro individui (2013), fino alla suddivisione del gruppo nel 2017 con la presenza di un altro branco stabile sul Carega e nella Lessinia nord-orientale. Il 2017 è stato l’annus horribilis per gli allevatori per numero di predazioni e per numero di presenze di lupi: 9-10 individui in Lessinia centrale e 8 in quella orientale. Il 2018 si è invece chiuso con il monitoraggio di 5-7 individui per il gruppo della Lessinia centrale e 3 individui accertati per quella nord-orientale, oltre al capo trovato morto per un episodio di bracconaggio lo scorso settembre a San Rocco di Piegara, probabilmente un esemplare in dispersione. Il dato più evidente, che si inserisce però nel ciclo della natura, considerando l’età dei due esemplari dominanti che formano la coppia Alfa, unica che si riproduce quando il branco è in salute, è quello dei nuovi nati nel corso del 2018: solo un cucciolo accertato o forse due. Il dubbio resta tutt’ora, ed è anche la ragione per la quale non è ancora uscito nessun comunicato ufficiale sui nuovi nati della passata stagione. Meno cuccioli, meno bocche da sfamare e meno episodi di caccia per «istruirli» su prede facili, come gli animali al pascolo, si aggiungono al fatto confermato di un’esponenziale crescita degli ungulati, come hanno rilevato i censimenti eseguiti dai cacciatori in primavera e in estate. Sono diminuite le predazioni su animali domestici anche perché sono state trovate molte tracce di predazione di selvatici, alimenti che sembrano essere stati privilegiati nella dieta dei lupi nel corso del 2018 in particolare nell’ordine: cinghiali, caprioli e cervi. Ovviamente sempre elementi giovani e del peso non superiore a 15-30 chilogrammi o di esemplari vecchi e debilitati. Perché questo sia successo ha più di una spiegazione: sicuramente il lavoro tanto criticato di allestimento di aree protette per il pascolo con recinti fissi distribuiti gratuitamente e installati dalla Regione (una ventina solo in Lessinia) ha avuto un effetto deterrente e costretto il branco a modificare in parte le proprie abitudini, trovando moltiplicate le difese. Infine anche il progetto Pro-life Lessinia voluto dall’ associazione di allevatori Salvaguardia rurale veneta, in sinergia con otto amministrazioni comunali e affidato al veterinario Antonio Scungio ha portato i suoi effetti, grazie alla presenza costante un alpeggio, come ampiamente illustrato nel report di fine progetto lo scorso ottobre: «Sterminare i lupi non è una soluzione», ha precisato Scungio, «perché la dispersione di nuovi individui alle porte della Lessinia è alta: un branco stabile impedisce nuovi ingressi, quelli sì pericolosi per il rischio di far impennare di nuovo il numero di predazioni».
Vittorio Zambaldo, l’Arena