La Stampa. Un popolo di allergici un po’ a tutto. Latte e latticini, glutine, crostacei, carni bianche e rosse, frutta, spezie e chi più ne ha più ne metta. A dar retta a quel che dicono gli italiani malati di allergie alimentari saremmo oramai venti milioni, secondo le ultime statistiche riportate dall’Istituto Veronesi. E così si finisce per perdersi per strada chi un problema ce l’ha realmente, fino al punto da rischiare la vita.
Perché fatta la tara sottraendo chi si dichiara allergico per moda, chi confonde una semplice intolleranza con una cosa ben più sera come l’allergia e i tanti che si sottopongono a test inaffidabile, secondo le statistiche Istat i veri allergici a un qualche alimento sono un milione e 800 mila, dei quali 300 mila allergici al latte e 600 mila al glutine. «I numeri sono in crescita perché c’è una maggiore attenzione della classe medica a chi ha questo genere di problemi. Ma molti scambiano per allergia una semplice intolleranza alimentare, che al contrario non genera pericolose reazioni del nostro sistema immunitari fino alle estreme conseguenze dello choc anafilattico», spiega Marco Silano, direttore dell’unità operativa nutrizione e salute dell’Iss.
Però sommando chi rischia la vita a coloro che comunque soffrono di disturbi da intolleranza alimentare, come mal di pancia o reazioni cutanee, resta il fatto che secondo l’Istat gli italiani che hanno problemi con il cibo sta aumentando. E di molto. Erano il 2,9% della popolazione, ossia circa un milione e mezzo, negli Anni ’80, sono ora il 12,7% (sei milioni). Di questi 300 mila hanno un brutto rapporto con il latte, 1,1 milioni con il lattosio in genere, 3 milioni sono intolleranti al glutine, mentre 300 mila sarebbero i celiaci veri propri. Quelli che non possono mangiare nemmeno dove è stato solo precedentemente cotta una pasta con il glutine. Poi ci sono 5 milioni di allergici e intolleranti al nichel, che si trova in vari alimenti e in oltre 100 mila non tollerano gli additivi alimentari. «Al netto di chi si dichiara allergico per seguire una moda non c’è prova che i casi effettivi siano in aumento e nemmeno è dimostrato che a incidere sul maggior numero di diagnosi ci sia alla base il cambio di alimentazione, come ad esempio la presunta presenza di maggiori quantitativi di glutine nelle paste di produzione industriale», afferma ancora Silano. Che sottolinea anche come «sia ancora oggi estremamente difficile arrivare a una diagnosi certa di allergia alimentare». Questo perché «i test non sono standardizzati, sia quelli cutanei che quelli sul sangue danno spesso risultati di diversa interpretazione poiché l’abnorme reazione del sistema immunitario varia da persona a persona. In alcune può manifestarsi anche con piccole quantità di un determinato alimento, in altre con dosi maggiori». Dei test affidabili ci sarebbero e sono i cosiddetti “test di provocazione orale in doppio cieco”. In pratica il medico somministra capsule contenenti dosi di singoli alimenti, tra cui quelli indiziati di scatenare la reazione allergica, senza che né il paziente, né il dottore, sappiano in quale capsula si trovi. Lo stesso medico verificherà poi se si scatena una reazione di tipo allergico. «Ma si tratta di test che devono essere eseguiti in ospedale, con un dose di adrenalina a portata di mano per evitare il rischio di chock anafilattici”, spiega l’esperto dell’Iss.
Il problema, come denunciano gli esperti medici della Fondazione Veronesi, è che molti italiani si affidano a test fai da te o semplicemente inutili, ma costosi, visto che i prezzi vanno da 90 a 500 euro. Ma che in nove casi su dieci danno esito di “falso positivo”. Attestano cioè una reazione spesso inesistente. «Il ricorso a test come quelli del capello o della forza muscolare, che non hanno fondamento scientifico – dichiara Walter Canonica, direttore della clinica di malattie dell’apparato respiratorio dell’Università di Genova e presidente della Società Italiana di Allergologia e Immunologia Clinica – cresce al ritmo del 10% all’anno e rischia di non far individuare i veri pazienti allergici, ritardandone la diagnosi». La cosa migliore è invece quella di rivolgersi a uno specialista o a uno dei centri di riferimento per le allergie sparsi lungo il territorio ai primi sospetti di allergia alimentare. «Che possono comparire entro pochi minuti dall’ingestione dell’alimento allergico, fino a un massimo di qualche ora, con manifestazioni variabili dalla sensazione di calore alla pelle, prurito, orticaria, gonfiore intorno agli occhi, alle labbra o alla lingua, ma anche stanchezza intensa, nausea, bruciore alla gola», spiega sempre il professore. «I test validati scientificamente – prosegue – consentono di individuare con precisione non solo l’alimento sospetto ma a quale porzione di esso, di norma una proteina o una sua frazione, si è ipersensibili e avviare così la corretta terapia». Nella maggior parte dei casi si impone l’eliminazione dalla dieta dell'”alimento miccia”, oppure un suo consumo oculato perché, a seconda delle proteine coinvolte, potrebbe persino essere possibile mangiare un frutto a cui si è allergici togliendo semplicemente la buccia, o di contro mangiarlo solo cotto. «Con una privazione rigorosa dell’alimento per circa tre anni – aggiunge il professor Canonica – potrebbe essere poi possibile sviluppare una desensibilizzazione spontanea». Sempre che si voglia seguire la scienza e non le mode, che ci fanno autoproclamare allergici anche quando non lo siamo. —
Il caso. Il tiramisù non è vegano muore ragazza di 21 anni “Era allergica al latte”
Non è neanche riuscita a finire il tiramisù. Dopo il secondo cucchiaino ha iniziato a sentirsi male. È corsa in bagno, è uscita, ha chiesto aiuto. All’arrivo dell’ambulanza era già in choc anafilattico. Anna B., ventuno anni non ancora compiuti, è morta dopo dieci giorni di coma, in un letto dell’ospedale San Raffaele di Milano.
A provocarle la gravissima crisi nel ristorante di una catena vegana specializzata in corso Garibaldi, via della movida milanese, dai primi accertamenti condotti dalla procura, sarebbe stato proprio quel dolce, il «Tiramisun» con marchio Mascherpa, prodotto dalla Glg srl con sede ad Assago, nel Milanese e ora ritirato dal mercato dal ministero della Salute. Un dolce che conteneva, senza riportarlo sull’etichetta – e non si sa ancora in che quantità – le proteine del latte.
La vittima, infatti, aveva una ipersensibilità allergica ai latticini. Lo sapeva. Per questo con il fidanzato era andata a cenare proprio in quel locale. E non era neanche la prima volta. Dopo la sua morte, la procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano e il pm Luca Gaglio hanno aperto un fascicolo d’inchiesta per omicidio colposo, frode nell’esercizio del commercio e vendita di sostanze alimentari non genuine. In vista dell’autopsia sul corpo della vittima, nel registro degli indagati sono stati iscritti quattro nomi: quelli del titolare, del responsabile della produzione e di due dipendenti della Glg.
Un numero che, però, rischia di crescere. Perché dagli esiti degli ultimi accertamenti arrivati nella serata di ieri, è emerso che Anna fosse fortemente allergica anche alle uova. E traccia di queste ultime sarebbe stata trovata dall’Ats, l’Agenzia di tutela della salute, nella maionese con cui era stato condito il panino che la ragazza aveva consumato per cena. Una salsa prodotta proprio dal locale vegano. Non si sa ancora se Anna, in passato, avesse già mangiato quell’hamburger. Ma scontati, a questo punto, appaiono ulteriori approfondimenti per stabilire con certezza che cosa le abbia provocato lo choc anafilattico che l’ha portata alla morte.
I fatti risalgono alla notte tra giovedì 26 e venerdì 27 gennaio. Anna era uscita col fidanzato e insieme avevano deciso di cenare in quel ristorante completamente vegano. Entrambi hanno preso un hamburger, poi hanno deciso di concludere col dolce. In pochi istanti la ragazza è finita sul pavimento, priva di sensi. Subito è stata chiamata un’ambulanza che ha portato la ragazza d’urgenza e in condizioni disperate al San Raffaele, dove i medici hanno fatto il possibile per provare a salvarla. Anna, purtroppo, non si è mai risvegliata.
Nel locale in centro sono intervenuti i poliziotti del commissariato Sempione, che hanno raccolto le prime informazioni e le testimonianze del cameriere e del fidanzato della vittima. Avvisati i magistrati del pool Ambiente, salute, sicurezza e lavoro della procura, con l’aiuto dei carabinieri del Nas, i sette vasetti di Tiramisun presenti nel ristorante sono stati sequestrati e analizzati. Così come sono finiti sotto sigillo probatorio altri 95 vasetti dello stesso dolce trovati nello stabilimento di produzione. Dove, peraltro, vanno avanti i sopralluoghi di Nas e Ats per capire in che modo il dolce sia stato prodotto e quale sia stata la causa della sua contaminazione.
Gli accertamenti qualitativi condotti sul Tiramisun, intanto, hanno confermato la presenza di proteine del latte in quel dolce, nonostante alcun tipo di latticino fosse riportato sull’etichetta del prodotto. Per capire in che quantità fossero presenti nel vasetto, però, bisognerà attendere l’esito di ulteriori analisi già disposte dai magistrati, assieme alla consulenza tecnica di un allergologo.
Nel frattempo, il ministero della Salute ha diramato il ritiro del prodotto dal mercato e dai 63 negozi che lo vendevano in tutta Italia, per la «presenza di allergene», ovvero di «proteine del latte» non indicate nell’etichetta. Nel richiamo del lotto con scadenza 23 luglio, il ministero invita chi lo abbia acquistato a «non consumare il prodotto e a riportarlo al punto vendita per il rimborso». In un comunicato diffuso in serata, il procuratore Marcello Viola sottolinea l’importanza di «sensibilizzare le persone potenzialmente a rischio dall’ingerire sostanze non accuratamente controllate».
Mona-Rita Yacoub L’allergologa del San Raffaele: “Episodi così sono rari, ma capitano”
“All’inizio i sintomi sembrano leggeri bisogna avere con sé l’adrenalina”
«Quello che è successo è terribile. Sono rimasta anch’io scioccata da questa notizia. Sono episodi rari ma purtroppo, quando si verificano, spesso colpiscono persone giovani, consapevoli e attente». Mona-Rita Yacoub, coordinatrice dell’Area Allergologica presso l’Unità di Immunologia, Reumatologia, Allergologia e Malattie Rare dell’ospedale San Raffaele, si occupa da anni di pazienti con gravi reazioni allergiche e forse per questo è ancora più scossa per quello che è successo nei giorni scorsi in un locale del centro di Milano.
Dottoressa Yacoub, com’è possibile morire a vent’anni per aver mangiato un tiramisù?
«Lo shock anafilattico è la reazione sistemica più grave di un paziente allergico. Scientificamente la sua definizione è collegata proprio alla possibilità di un esito mortale, che la letteratura stima fra lo 0,25 e lo 0,33% del totale delle anafilassi. Nelle linee guida sanitarie è trattato con molta attenzione proprio perché colpisce generalmente più organi. Anche se all’inizio i sintomi possono non sembrare gravi, se coinvolgono più organi bisogna bloccarli subito, perché il peggioramento può essere veloce».
Quali sono gli allergeni più pericolosi?
«Ci sono gli allergeni alimentari, quelli associati alle punture di insetti e quelli legati all’assunzione di farmaci. Il caso di questa ragazza rientra nella prima categoria perché, da quanto ho potuto leggere, era allergica al latte vaccino. Altri allergeni alimentari comuni sono il pesce, i crostacei, la frutta secca, i semi e alcune molecole vegetali della famiglia Ltp (Lipid Transfer Protein, ndr) che possono essere presenti in vari alimenti».
Pare che il dolce fosse in questione fosse contaminato da proteine del latte vaccino. Quanto incide la quantità di allergene presente?
«Un allergene può dare reazioni molto gravi anche in presenza di dosi molto basse».
Quanto è diffuso questo tipo di allergia?
«In età adulta è molto rara sia perché è raro che persista dopo essersi manifestata in età pediatrica, sia perché è raro che compaia ex novo in età adulta. Ciò che è importante sottolineare è che un’allergia alle proteine del latte vaccino non è un’intolleranza al lattosio. Si fa ancora troppa confusione».
Qual è la differenza c’è fra intolleranza e allergia?
«L’intolleranza al lattosio è dovuta al deficit di un enzima prodotto a livello intestinale che permette di degradare il lattosio. Può provocare sintomi gastrointestinali: nulla di particolarmente grave. Un’allergia invece può causare una cascata di eventi scatenati dal sistema immunitario».
Cosa accade a un paziente in shock anafilattico?
«Si va dall’orticaria all’affanno respiratorio, fino al più grave coinvolgimento dell’apparato cardiocircolatorio. I mediatori dell’infiammazione allergica liberandosi massivamente nel sangue provocano una vasodilatazione e un crollo della pressione arteriosa. Non conosco la cartella clinica di questa ragazza ma può capitare che i pazienti arrivino in ospedale già con danni irreversibili».
Cosa vuol dire che una persona è iper-allergica?
«Ogni paziente può potenzialmente esserlo. Nel linguaggio comune può significare che ha già presentato gravi reazioni allergiche in passato. In casi del genere dovrebbe essere istruito ad avere sempre con sé l’adrenalina auto-iniettabile, che è l’unico salvavita. In presenza di una reazione sistemica grave il paziente dovrebbe utilizzare l’auto-iniettore di adrenalina e, nel caso la reazione non passasse, in attesa dei soccorsi dovrebbe procedere anche con la seconda puntura».
Come si può aiutare una persona in anafilassi?
«Quello che si può fare è mettere il paziente in posizione supina e praticare le manovre rianimatorie a partire dal massaggio cardiaco».—