Sei anni prima di Covid-19 aveva previsto tutto.Nel libro “Spillover, l’evoluzione delle pandemie”, il saggista e divulgatore scientifico statunitense David Quammen aveva parlato del “Next big one”, il virus che prima o poi avrebbe infettato il mondo intero. Oggi il salto di specie è diventato realtà.
Quammen, cosa non conosciamo ancora di Covid-19?
«Non sappiamo con certezza dove abbia avuto origine il virus. È molto probabile sia stato trasmesso all’uomo da un pipistrello, forse della specie a ferro di cavallo, nel sud della Cina. Diversi dati scientifici sembrano confermarlo. In teoria, esistono altri possibili meccanismi. C’è chi parla di un incidente di laboratorio, ma non è un’ipotesi verosimile».
Perché ancora oggi resta questo mistero sull’origine?
«I motivi sono tre. Innanzitutto, la Cina è una società che qualcuno definisce “chiusa”. Non ha permesso di ispezionare i materiali di laboratorio dell’Istituto di virologia di Wuhan e c’è chi pensa nasconda qualcosa. Ma se cercassimo di accedere ai dati dei più importanti centri degli Stati Uniti, o dell’Italia, avremmo le stesse difficoltà. Gli scienziati non li condividono volentieri. Il secondo motivo è l’interesse politico nell’affermare che la colpa sia di un altro, non del nostro comportamento. Infine, è sempre difficile risalire all’origine di un nuovo virus negli animali selvatici. Quando nel 2003 scoppiò la Sars, gli scienziati impiegarono quattordici anni a scoprirla. Del virus Ebola, che ha contagiato l’uomo nel 1976, non la conosciamo ancora. Sono milioni, per ognuno serve una continua indagine scientifica, come la campionatura di tutte le specie selvatiche».
Perché così tante polemiche sul modo di agire dell’Organizzazione Mondiale della Sanità? In cosa può migliorare?
«Viene spesso criticata quando insorge una nuova malattia. Era successo nel 2014, quando il virus Ebola colpì tre Paesi in Africa occidentale, uccidendo 11 mila persone e terrorizzando il mondo.
Per migliorare ha bisogno di un sostegno internazionale maggiore, in termini di finanziamenti, capacità operativa e collaborazione. L’Oms non è un organismo indipendente, ma il risultato di accordi tra Stati tramite le Nazioni Unite, detiene solo i poteri che le vengono concessi, grazie al consenso di tutti i Paesi membri. Deve diventare un’istituzione solida, autorevole e con un largo consenso».
In che modo potrebbero agire i governi per migliorare la salute dei cittadini?
«Eventi del genere vanno presi sul serio, non solo da scienziati e autorità sanitarie, ma anche dalla classe politica, che deve dare ascolto agli esperti. È questa la lezione più importante. Credo che in Italia la risposta non sia stata ineccepibile, ma il vostro Paese è stato davvero sfortunato, colpito fin dall’inizio dal virus, trasmesso dai viaggiatori stranieri prima ancora di essere individuato. Gli Stati Uniti non hanno avuto sfortuna, la risposta dei politici è stata la peggiore possibile, nonostante la competenza di scienziati ed esperti. Abbiamo dato prova di ottusità e negligenza e abbiamo registrato il più alto numero di contagi e vittime. In altre nazioni, come Corea del sud e Nuova Zelanda, la classe politica ha fatto un buon lavoro».
Sta quindi suggerendo di includere la scienza nell’idea stessa della sicurezza nazionale?
«Certo, nessuno Stato è al sicuro senza la salute dei propri cittadini.
Il Consiglio per la sicurezza nazionale, principale organo di consultazione del presidente degli Stati Uniti, aveva istituito un direttivo per la gestione delle pandemie. Inizialmente ideato da George W. Bush, è stato potenziato da Barack Obama, per essere poi abolito da quel presidente in carica nel 2020. Non mi ricordo il nome, un narcisista ignorante…».
Cosa pensa delle origini e delle motivazioni del movimento No Vax?
«Il grande problema è il rifiuto, la negazione dell’evidenza scientifica. Succede nel vostro Paese, nel mio e in molti altri. È fondamentale il rapporto che il cittadino medio ha con la scienza, che deve entrare nelle scuole.
Iniziamo insegnando ai bambini il pensiero critico, intendo quella capacità di mettere da parte emozioni e pregiudizi, di giudicare le informazioni in base alla legittimità e credibilità della fonte.
È pieno di pseudo-esperti che divulgano pseudo-informazioni su Internet. Quello non significa informarsi».
Alcuni vaccini sono stati realizzati in un arco di tempo di 10 mesi dall’inizio della pandemia.
Quali sono le radici di questo successo?
«Ci sono scienziati che studiano nuovi metodi di vaccinazione da vent’anni. Lavorano sul principio fondamentale di modernizzare la produzione. Per esempio, i vaccini a mRna (Rna messaggero, ndr), come quelli prodotti da Pfizer e da Moderna. Ci sono voluti vent’anni per sistemare la tecnica, solo dieci mesi per metterli in circolazione. In futuro potremo utilizzare tali strumenti per creare e produrre velocemente vaccini per nuovi virus che si presenteranno. Ma questo non basta, servono persone disposte a vaccinarsi. la gente deve capire che non è solo per il bene della propria salute e di quella dei figli. È una decisione che influisce sull’intera comunità, verso cui si hanno delle responsabilità».
Cosa può anticiparci del suo nuovo libro?
«Stavo lavorando a un altro testo, quando la mia casa editrice mi ha chiesto di scrivere un libro su Covid-19. Ne esistono tanti sull’argomento, così mi sono concentrato su Sars-CoV-2, sulla sua origine, evoluzione, sull’elevato contagio tra gli uomini. Sto intervistando Anthony Fauci, Alessandro Vespignani, George Gao. Il libro cercherà di aiutare la gente a capire da dove arriva questo virus, come muta, produce varianti e si trasformerà nel futuro.
E cosa fare per fronteggiarlo. Forse, per sempre».
Repubblica