Fragilità strutturali, redditi bassi ed embargo russo. E’ crisi profonda per la carne bovina, penalizzata dallo stallo dei consumi, dalla perdita per la Ue del suo principale mercato di esportazione e dalle eccedenze di approvvigionamento sul mercato di animali destinati al macello.
“Siamo fortemente preoccupati per una crisi che perdura da anni e si inserisce in una situazione negativa più ampia che è quella della zootecnia – spiega Paolo Ferrarese, presidente di Confagricoltura Verona -. A differenza di altri comparti, la carne bovina soffre di più per il maggiore impegno finanziario che comporta e per la difficoltà nel reperire bovini da ristallo a prezzi ragionevoli. La perdita in termini gestionali per toro allevato va dai 140 ai 170 euro e ha determinato il forte ridimensionamento dei capi allevati per allevamento e in molti casi la chiusura totale delle aziende”.
La concorrenza del Sudamerica, dal Brasile al Paraguay, è un’ulteriore spina nel fianco: “L’import di carne in mezzena mette ancora di più in difficoltà un mercato in crisi, senza considerare che in quei Paesi esistono pratiche e trattamenti, qui vietati, che non danno le stesse garanzie del prodotto nazionale in termini di salubrità. Questa crisi può essere considerata strutturale – conclude Ferrarese – e perciò le vie d’uscita devono passare da indirizzi politici, nazionali e comunitari che riequilibrino il mercato”.
Secondo Michele Furlani, presidente del settore Zootecnia di Confagricoltura Verona, occorre puntare ad una maggiore integrazione con le altre parti della filiera: “A causa dell’embargo russo siamo sommersi dalla carne di altri Paesi, vedi la Polonia, che satura il nostro mercato interno con merce a prezzi stracciati. Noi dobbiamo difenderci mirando a una maggiore qualificazione del prodotto alla vendita, un po’ come si sta facendo con il marchio della carne veneta, cercando di siglare accordi con la grande distribuzione per valorizzare il nostro prodotto di qualità. L’altro fronte sul quale dobbiamo lavorare è quello della fornitura, con riferimento particolare alla Francia: servono accordi chiari per non essere in balia del mercato, che può portarci a subire rincari improvvisi o ad essere surclassati a favore di altri Paesi”.
Nella provincia scaligera gli allevamenti di carne bovina si concentrano principalmente nel Basso Veronese, dove operano cooperative che arrivano a 5000 capi di bestiame. “Con il calo dei prezzi si è ridotta notevolmente la redditività per i soci – chiosa Furlani -. E con la nuova Pac, che lega i premi alla fase della coltivazione, si rischiano ulteriori ripercussioni negative”.
2 maggio 2015