Il Salvagente chiede un registro pubblico sugli allerta alimentari. Dopo i giudizi della Gdo, di produttori e consumatori abbiamo chiesto l’opinione di chi gestisce la sicurezza nelle Regioni
I consumatori hanno diritto di sapere il nome e il numero di lotto degli alimenti oggetto di un’allerta, per evitare di acquistarli e per liberarsene se li hanno già in casa. La campagna del nostro giornale volta a ottenere informazioni trasparenti sulle allerte alimentari – come fa in Italia soltanto la Valled’Aosta – continua questa settimana con l’opinione di Paolo Sarnelli , direttore del settore Veterinario della Regione Campania e presidente della Consulta tecnico-scientifica dell’ Orsa (l’Osservatorio regionale sulla sicurezza alimentare), uno dei nodi della rete di sorveglianza europea sulle allerte alimentari, Rasff . Dottor Sarnelli, come valuta la nostra richiesta? Sono d’accordo con la necessità di dare informazioni trasparenti in caso di allerta alimentare, perché solo così si può permettere al consumatore di liberarsi del prodotto, se lo ha già acquistato. Ma si può fare soltanto previa verifica della pericolosità dell’alimento. Non è quanto già avviene per le allerte anonime? No, il problema è anche stabilire il pericolo reale di un’allerta. Attualmente c’è un abuso di segnalazioni da parte degli uffici sanitari, che probabilmente si attivano anche per il timore di risultare inadempienti nei confronti della salute pubblica, abusando nell’applicazione del principio di precauzione previsto dalla norma comunitaria. Ma in questo modo per distinguere gli allarmi reali da quelli infondati si sprecano troppe risorse. Con una migliore selezione, invece, stabilito che un prodotto è davvero pericoloso per la salute, con l’allerta deve scattare il richiamo dei prodotti, non basta il ritiro. Il richiamo è il punto debole del sistema. In realtà gli alimenti già acquistati non si recuperano mai. Come superarlo? Serve l’intervento pubblico, se l’operatore non provvede in maniera adeguata. Lo strumento ideale è proprio la diffusione di informazioni dettagliate, vale a dire il nome del prodotto e il numero di lotto. Come fa la Valle d’Aosta: come giudica quel modello? L’anno scorso ho proposto l’adozione dello stesso schema al tavolo del Coordinamento interregionale sulla sicurezza alimentare. C’è stata ampia condivisione, ma il quadro non è abbastanza chiaro e c’è il timore delle citazioni delle aziende alimentari per danno di immagine. Allora, il ministero della Salute ha rinviato la discussione a un altro incontro, in attesa di chiarimenti dalla Commissione europea. La Ue se ne sta occupando? Da ottobre 2010, la Commissione europea sta lavorando a una revisione dell’articolo 52 del regolamento 178/02. Il nodo da sciogliere è il peso del segreto professionale imposto alle autorità pubbliche sulle allerte. E il suo bilanciamento con il diritto del consumatore di essere informato. Finora c’è stata una sola precisazione: è sicuramente vietato divulgare le ricette, i prezzi e le liste dei clienti delle aziende coinvolte nelle allerte
Il Salvagente – 7 aprile 2012