Riapre la stagione dei rinnovi contrattuali per il pubblico impiego dopo cinque anni di blocco. Il primo atto è costituito dalle risorse previste nella legge di Stabilità. Il comma 466 quantifica in 300 milioni di euro la spesa per il triennio 2016-2018 e ne vincola 74 a Forze armate e Corpi di polizia e 7 al personale statale non privatizzato. L’operazione è conseguente alla sentenza estiva della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità delle norme che hanno bloccato i contratti pubblici (il Codacons ieri ha lanciato una class action). Le fasi successive richiederanno, però, parecchio tempo. La procedura non è agevole: atto di indirizzo, ipotesi di contratto, visto di Governo e Corte dei conti e firma del Ccnl. A questo si deve aggiungere la non facile partita della ridefinizione dei comparti. Conti alla manoil finale rischia di non essere trionfante per la busta paga.
I conti sono presto fatti: dai circa 100 euro lordi pro capite di risorse a disposizione si devono togliere, più o meno, 33 euro di contributi e Irap a carico dell’ente (comma 467). La differenza, ripartita su 13 mensilità, porta a 5 euro mensili, ai quali andranno tolti i contributi e le ritenute erariali a carico del dipendente (almeno un 25-30%). Le risorse disponibili “potrebbero” non soddisfare i sindacati. Inoltre, non sarà recuperato il passato visto che la spesa è finanziata dal 2016 in poi e quindi, nella migliore delle ipotesi, per il quinquennio concluso sarà confermata solo l’indennità di vacanza contrattuale riconosciuta nel 2010. La legge di Stabilità prevede, inoltre, un intervento riservato alle Polizie, ai Vigili del fuoco e alle Forze armate: il comma 972 introduce, nelle more della riforma della Pa, un contributo straordinario di 80 euro al mese (da cumulare con l’altro bonus di 80 euro riconosciuto a tutti i lavoratori) esentasse in quanto ope legis non ha natura retributiva e non concorre alla formazione né dell’mponibile previdenziale né di quello fiscale.
L’aiuto alle Forze dell’ordine
Il cadeau non è rivolto solo ai dipendenti ma anche allo stesso Stato che, in questo modo, risparmia contributi previdenziali e Irap. La disposizione pone, quantomeno, qualche perplessità in ordine alla legittimità costituzionale. Indubbiamente il legislatore vuole riservare un particolare trattamento di favore a questi comparti, visto che la misura vale 510 milioni mentre per il rinnovo del Ccnl ne ha previsto circa trecento. Un ulteriore intervento ad hoc è riservato al Corpo di polizia penitenziaria che beneficerà di quasi 1 milione di euro per la progressiva equiparazione del trattamento economico e giuridico a quello della Polizia di Stato. Anche sul fronte delle risorse destinate alla contrattazione di secondo livello non sembrano aprirsi grandi spiragli, almeno nelle more della riforma Madia. Le pochissime disponibilità destinate al rinnovo del Ccnl difficilmente andranno a vantaggio della contrattazione decentrata relegando, ancora una volta, la premialità a un ruolo di ancella. Onde evitare che la penuria di stanziamenti a livello nazionale venga compensata in sede di singola amministrazione, il legislatore blocca l’ammontare dei fondi all’importo costituito nel 2015, riproponendo un testo del tutto identico all’articolo 9, comma 2-bis, del Dl 78/2010, in vigore fino al 2014. Dal 2016, il fondo non potrà superare l’ammontare del 2015 e dovrà essere ridotto in proporzione al personale in servizio considerando, oltre ai cessati e ai nuovi assunti, anche il personale assumibile. La novità riguarda proprio la possibilità di considerare, oltre al personale effettivamente in servizio, anche quello assumibile sulla scorta del turnover. Il blocco delle risorse decentrate avrà sicuramente effetti rilevanti sulla contrattazione decentrata, reintroducendo un sostanziale blocco delle progressioni orizzontali, soprattutto per quegli enti che hanno già ipotecato tutto il fondo disponibile; al massimo si potrà pensare di riutilizzare le economie create dalle cessazioni. Certamente non è nemmeno ipotizzabile di dare attuazione alla tanto invocata premialità per i più meritevoli. Per i Comuni privi di dirigenza sono bloccate al 2015 le somme a disposizione per le posizioni organizzative, anche se fuori dal fondo, come sancito in precedenza dalla Corte dei conti.
Niente autonomia sulle progressioni
In sintesi, anche se sono stati abrogati i vincoli sulle progressioni e sul trattamento economico individuale, di fatto non ci sono le risorse per alcun tipo di autonomia su questi fronti. Ulteriore stretta è prevista per i fondi sia della dirigenza che del comparto ai quali non potranno più confluire i compensi spettanti ai dipendenti nominati nei consigli di amministrazione delle partecipate (comma 235). Per gli stessi componenti dei Cda, nonché per gli amministratori, per i dirigenti e per i dipendenti delle società partecipate viene introdotto un massimale per i compensi lordi annui, pari a 240mila euro. Il comma 226 prevede un nuovo strumento per compensare gli errori commessi nella costituzione dei fondi per la contrattazione decentrata, così come previsto dal cosiddetto salva Roma (articolo 4, Dl 16/2014). A tal fine, gli enti virtuosi potranno utilizzare i risparmi effettivi derivanti da processi di riorganizzazione della dotazione organica dirigenziale, che dovrà essere obbligatoriamente rideterminata da Regioni ed enti locali ai sensi del comma 221, comprensivi dei risparmi derivanti dal turn over.
SPESA PER IL PERSONALE – SULLA CONTRATTAZIONE DECENTRATA TORNANO TETTI E TAGLIO DEL FONDO
Dopo un anno di interruzione tornano il tetto e il taglio del fondo per la contrattazione decentrata. Una scelta che, sommata allo stanziamento di risorse basse per gli aumenti contrattuali per il pubblico impiego e ai tagli alle assunzioni, determina rilevanti risparmi di spesa per il personale, facendo del contenimento di questi oneri una delle principali componenti delle manovre di finanza pubblica.
Stessa somma del 2015
Viene stabilito che nel 2016 tutte le risorse «destinate al trattamento accessorio del personale», compresi i dirigenti, non debbano aumentare rispetto alla stessa cifra 2015. La formulazione è ampia: include il fondo per la contrattazione decentrata, tranne le somme destinate alla incentivazione dei tecnici, quelle per la corresponsione di compensi agli avvocati per i contenziosi condotti con successo con condanna dell’altra parte al pagamento delle spese legali, i risparmi del fondo e dello straordinario dell’anno precedente, le risorse trasferite dall’Istat. E ancora: le risorse destinate alle indennità di posizione e di risultato negli enti privi di dirigenti. Da chiarire se include anche il fondo per il lavoro straordinario. Le somme devono essere decurtate in misura proporzionale alla diminuzione del personale in servizio.
Metodi legittimi di calcolo
Per calcolare questa diminuzione, si sono contrapposte due metodologie: la media aritmetica dei dipendenti in servizio voluta dalla Ragioneria generale dello Stato e i tagli in relazione ai risparmi effettivamente realizzati voluti dalla Conferenza dei presidenti delle Regioni e dalla Corte conti Lombardia. La Conferenza unificata del 10 luglio 2014, la circolare dei ministri della Funzione Pubblica, Affari regionali ed Economia e finanza del 12 agosto 2014 e numerosi pareri di sezioni regionali della magistratura contabile hanno sottolineato che ambedue i metodi sono da considerare legittimi, in attesa di una conclusione unitaria. La novità è che il taglio deve essere effettuato «tenendo conto del personale assumibile ai sensi della normativa vigente». La formula sembra includere nel computo dei dipendenti in servizio anche quelli che l’ente può assumere, quindi nel tetto di una spesa pari al 25% dei risparmi derivanti dalle cessazioni dell’ultimo anno. A differenza degli anni precedenti la durata del vincolo non è determinata su base annuale, ma si fa riferimento alla emanazione dei decreti attuativi della legge Madia. Tale durata viene spiegata con le ragioni della omogenizzazione del trattamento economico, in particolare della dirigenza, e il contenimento della spesa pubblica. Ma per la emanazione di questi decreti la legge prevede termini diversi: entro 12 mesi dalla entrata in vigore della legge (entro agosto 2016) per le nuove regole sulla dirigenza ed entro 18 mesi (febbraio 2017) per la riforma del lavoro pubblico. Il dubbio è quale sia il decreto cui fare riferimento. Potrebbe servire un nuovo provvedimento per decretare la fine di questi vincoli.
OPERATORI DELLA SANITÀ – ORARI E RIPOSI, ARRIVANO LE ASSUNZIONI «FLESSIBILI»
Per superare la procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea sulle deroghe alle 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore e al limite delle 48 ore settimanali come durata massima settimanale dell’orario di lavoro per il personale dirigenziale, e per garantire la continuità nell’erogazione dei servizi sanitari, la legge di Stabilità, con i commi 541-544, ha previsto che le Regioni debbano predisporre un piano del fabbisogno del personale che deve essere trasmesso al Tavolo di verifica degli adempimenti e al Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei servizi essenziali di assistenza. La valutazione dovrà essere effettuata entro il 31 marzo 2016. Qualora siano state evidenziate criticità nell’erogazione dei servizi essenziali, la legge ha previsto la possibilità di adottare misure distinte.
Ricorso a lavoro flessibile
Nelle more della predisposizione e della verifica dei piani di fabbisogno, le Regioni possono ricorrere a forme di lavoro flessibile in deroga ai limiti di spesa previsti dall’articolo 9, comma 28 del Dl n. 78/2010 convertito in legge n. 122/2010, e quindi anche oltre il tetto fissato da tale norma nel 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nel 2009. La facoltà di utilizzare questi contratti è ammessa entro il 31 luglio 2016, ma può essere prorogato fino al termine massimo del 31 ottobre 2016.
A queste misure, di carattere transitorio, se ne affiancano altre che invece presuppongono la valutazione della sussistenza di esigenze assunzionali nell’ambito del piano di fabbisogno del personale.
Procedure concorsuali straordinarie
Ove sussistano e siano accertate tali esigenze, gli enti del servizio sanitario nazionale potranno indire procedure concorsuali straordinarie per l’assunzione di personale medico, tecnico-professionale e infermieristico e nell’ambito delle stesse potranno riservare fino a un massimo del 50% dei posti al personale in servizio alla data di entrata in vigore della legge di Stabilità, che abbia maturato alla data di pubblicazione del bando almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi cinque anni con contratti a tempo determinato, di collaborazione coordinata e continuativa o con altre forme di rapporto di lavoro flessibile con i medesimi enti. Le procedure concorsuali in questione dovranno essere indette entro il 31 dicembre 2016 e concluse entro il 31 dicembre 2017. Nelle more di espletamento delle procedure concorsuali, gli enti e le aziende potranno continuare ad avvalersi del personale già in servizio che abbia i requisiti sopra menzionati, anche in questo caso con possibilità di derogare al limite del 50% della spesa sostenuta a tale titolo nel 2009, e potranno altresì stipulare nuovi contratti di lavoro flessibile ma con durata non superiore al termine massimo del 31 ottobre 2016 al fine di evitare che per consentire la stabilizzazione di personale precario si creino ulteriori forme di precarietà.
Fonte: Il Sole 24 Ore – 6 gennaio 2016