Dopo il consiglio dei ministri di ieri il capitolo che la manovra dedica al pubblico impiego raggiunge quota 1,9 miliardi. La cifra, fedele al principio guida delle slide preparate ieri in vista dei documenti ufficiali che sono invece in via di definizione, comprende però tutto il pacchetto: oltre al rinnovo dei contratti comprende anche gli interventi sulle forze dell’ordine (500 milioni) e le 10mila assunzioni annunciate dal premier nei giorni scorsi. Quest’ultima misura, in realtà, non dovrebbe pesare troppo sulle dinamiche di finanza pubblica, perché si tradurrà soprattutto in stabilizzazioni nel settore sanitario, interessando quindi personale che già riceve uno stipendio dalla Pa. La cifra del resto è solo uno dei problemi per il rinnovo contrattuale, che nella presentazione del premier rimanda alla parola chiave del «merito» nella sfida alla «filosofia Checco Zaloniana» invocata giovedì scorso dall’assemblea Anci di Bari.
Tradotto, significa che il rinnovo dovrebbe essere accompagnato da una revisione delle regole sul salario accessorio, ma per raggiungere l’obiettivo occorre ritoccare le griglie rigide introdotte dalla riforma Brunetta del 2009 e rimaste inattuate. «Ora confronto aperto su regole e priorità», twitta la ministra Marianna Madia subito dopo il consiglio dei ministri, e c’è da scommettere che oltre che «aperto» il confronto non sarà semplice.
Per i bilanci di regioni ed enti locali, invece, la legge di bilancio si limita ad aprire una partita che andrà definita in seguito. Al netto delle misure sugli investimenti locali, a disposizione ci sono tre miliardi di euro (non tutti da tradurre in indebitamento netto) che andranno divisi fra diversi interventi. Le Regioni, per la parte extra-sanità, puntano a una replica del meccanismo che lo scorso anno ha permesso di attenuare parecchio i tagli da 1,9 miliardi previsti dalle manovre precedenti. Per il 2017 il conto sale ulteriormente verso quota 2,4 miliardi, ma tra finanziamenti aggiuntivi e accantonamenti i conti definitivi si potranno fare solo quando sarà deciso quale parte dei tre miliardi dedicare ai governatori.
In coda ci sono infatti anche Province e Città metropolitane, che hanno in calendario per l’anno prossimo un altro miliardo di taglio, attenuato dai 470 milioni di contributo aggiuntivo già stanziato con l’ultima legge di Stabilità. I conti degli enti di area vasta, però, sono già al limite, completamente assorbiti dalle spese indifferibili (stipendi e rate dei mutui) e rischiano di saltare in caso di tagli aggiuntivi. I Comuni, invece, premono per una nuova replica del Fondo Tasi, che nel 2016 ha aiutato con 390 milioni i bilanci di 1.800 enti dove le imposte sull’abitazione principale si erano avvicinate al massimo prima di essere abolite.
Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore – 16 ottobre 2016