Sergio Rizzo. Doveva essere la più grande opera di svecchiamento degli alti gradi forse mai tentata. Almeno nelle intenzioni, sia chiaro. Ma quando le prove di rottamazione arrivano a investire anche apparati delicati come la magistratura e i vertici militari, è facilissimo toccare nervi scoperti. E prendere la scossa. Il testo originario del decreto sulla Pubblica amministrazione fissava il ritiro dal lavoro a 65 anni per tutti i dipendenti pubblici. Norma secca e inderogabile: mentre oggi la permanenza in servizio può essere prorogata di due anni, e anche oltre per incarichi speciali. Ma le gerarchie militari sarebbero state investite da una violenta onda d’urto. Basta dire che il comandante generale dei carabinieri Leonardo Gallitelli è già oltre quel limite, avendo compiuto 66 anni il 9 giugno scorso.
E il sisma si sarebbe rivelato ancora più devastante nella magistratura, se fosse passata indenne la disposizione che avrebbe dovuto portare d’un colpo a 70 anni l’età per la pensione dei giudici, innalzata da 72 a 75 anni nel 2002 dal governo di Silvio Berlusconi. Una manovra, si disse allora, non estranea all’iter di alcuni processi in Cassazione che riguardavano lui e Cesare Previti. Ma che ha avuto la conseguenza di far salire ancora l’età media dei magistrati. Tanto che se scattasse la tagliola dei 70 anni, ben 445 se ne dovrebbero andare.
Via il presidente della Corte di cassazione Giorgio Santacroce (classe 1941) insieme a tutti i 32 presidenti di sezione. Via il presidente della Corte dei conti Pasquale Squitieri, coscritto di Santacroce. Via l’avvocato generale dello Stato Michele Dipace, che ha appena compiuto 74 anni. Via il presidente del Consiglio di Stato Giorgio Giovannini, di tre anni più giovane. Via la presidente del Tribunale di Milano Livia Pomodoro, e prossimi all’uscita tanto il presidente della Corte d’appello Gianni Canzio, fratello dell’ex Ragioniere dello Stato Mario Canzio, quanto il capo della Procura Edmondo Bruti Liberati.
Dettagli che evidentemente non hanno lasciato indifferente il Quirinale. Soprattutto davanti all’argomentazione che si sarebbe aperto un buco enorme per almeno quattro anni: tanto ci vuole per un concorso in magistratura.
Così le lime si sono messe al lavoro, nel tentativo di rendere meno dolorose le tagliole. Che scatterà gradualmente: per evitare scossoni (e magari salvare qualche posizione chiave fra gli alti papaveri). I magistrati andranno in pensione a settant’anni, ma soltanto dal 2016, o perché no dal 2017. I vertici militari, poi, avranno uno scivolo più morbido.
E i 347 Avvocati dello Stato, avranno ottenuto anche loro la limata che pretendevano con la minaccia di uno sciopero clamoroso dopo che il governo Renzi aveva deciso di ridurre drasticamente gli onorari che si vanno a sommare ai loro non proprio magri stipendi?
E le norme destinate al rafforzamento del commissario anticorruzione Raffaele Cantone, saranno riuscite a superare i cavalli di Frisia dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici di Sergio Santoro (destinata a sparire), evitando pure i siluri che gli ha sparato contro certa parte della magistratura?
E l’opera di interdizione dei sindacati in difesa di alcune vecchie prerogative avrà dato i suoi frutti?
Per scoprirlo non resta che attendere i due decreti che saranno pubblicati sulla Gazzetta ufficiale e il disegno di legge che verrà presentato in Parlamento. Forse addirittura poche ore. La curiosità non manca: il lavoro di lima dei testi annunciati il 13 giugno dal Consiglio dei ministri, che ci assicurano essere ormai in fase conclusiva (e al quale hanno certo partecipato in molti), è durato più di una settimana.
Sergio Rizzo – Corriere della Sera – 21 giugno 2014