Il sindaco di Verona (tramite Coletto) si oppone alla riduzione di Usl e ospedali prevista dal Piano voluto dal governatore. Tra i cavalli di razza della politica veneta, Luca Zaia e Flavio Tosi, si profila un duello che ha come epicentro il business più ingente del Veneto, la sanità pubblica, sì: 8,5 miliardi di spesa annuale, pari all’80% delle risorse stanziate dal bilancio regionale. In ballo ci sono equilibri di potere e dinamiche politiche, interne alla maggioranza di centrodestra che regge Palazzo Balbi e diretta espressione delle correnti che si fronteggiano in seno alla Lega; ma l’esito dello scontro influenzerà anche il futuro del welfare sul territorio e la qualità della vita dei cittadini. Al centro della contesa c’è il nuovo Piano socio-sanitario.
Approvato (a distanza di 18 anni dal precedente) dalla V Commissione, con i voti di Lega e Pdl e la benevola astensione di Pd, Udc e Idv. Ideato dal top manager di settore, Domenico Mantoan, prevede un’ampia ristrutturazione del sistema, con nuove gerarchie di cura, medicina integrata e attiva h 24, più servizi sul territorio e meno ricoveri, preludio a un taglio dei poli ospedalieri ritenuti superflui o eccessivamente onerosi. L’obiettivo è rimodellare un’offerta sanitaria compatibile rispetto alla drastica riduzione dei finanziamenti pubblici, crollati – nel giro di cinque anni – dal 10 allo 0,8% di adeguamento annuale rispetto al budget precedente. L’ultima parola sul Piano spetta al consiglio regionale: ma la discussione – inizialmente prevista nei giorni del 29, 30 e 31 maggio – è stata posticipata di due settimane dal presidente dell’assemblea Clodovaldo Ruffato alla luce del “maxi emendamento” annunciato a sorpresa in giunta dall’assessore alla sanità, il tosiano Luca Coletto, ora impegnato a metterlo a punto.
Un fulmine e ciel sereno (tanto più inatteso dopo l’ampia convergenza raggiunta in commissione) accolto con mal celato dispetto dal governatore Zaia, convinto sostenitore delle politiche di risanamento e riforma contenute nel Piano.
La lettura politica della vicenda non ammette equivoci: il gesto di Coletto riflette la longamanus del sindaco di Verona; rinvigorito dal clamoroso successo elettorale e dall’ascesa al vertice leghista del suo lord protettore Maroni, ma ora chiamato ad onorare gli impegni assunti nei confronti delle lobby che l’hanno sostenuto e dei tanti notabili pidiellini (perlopiù di estrazione galaniana) che hanno rimpolpato la sua lista civica. La versione attuale del Piano, ecco il punto, va in direzione opposta ai suoi obiettivi; perché erode lo strapotere dei baroni di medicina generale, intacca l’esclusiva competenza di giunta in materia di governance (prevedendo il voto finale del consiglio sul manager designato), riduce le UsI e ripensa in modo radicale l’attuale rete ospedaliera, prevedendo – come trasparirà dalla “schede tecniche” – la chiusura o il declassamento di sette ospedali, inclusi due veronesi: Bussolengo e Borgo Roma nel capoluogo.
Eresie agli occhi di Tosi. Peggio, colpi di piccone al sistema di potere e di consenso che – abbinato all’indubbia capacità amministrativa – gli ha consentito di svettare nella scena politica.
Ma se il leghista di Verona vuole cambiare rotta, il suo compagno-rivale di partito Zaia è deciso a non cedere di un palmo. A motivarlo – ha spiegato ai più stretti collaboratori – è la convinzione che solo una riforma strutturale dei centri di spesa e della rete di servizi consentirà alla sanità veneta di resistere ai tagli statali garantendo la continuità delle prestazioni erogate. Una linea di rigore obbligata, che il governatore del Veneto è deciso a percorrere senza sconti né ammiccamenti, scontando, se necessario, il “fuoco amico” orchestrato da Flavio Tosi.
Padrin: diremo no allo stravolgimento
«La V Commissione ha dato prova di elevato senso delle istituzioni , lavorando per sei mesi all’esame del Piano socio-sanitario e infine licenziandolo con ampia maggioranza. Ogni miglioria in aula sarà benvenuta ma non accetteremo stravolgimenti, magari dettati da esigenze di basso profilo». Parole di Leonardo Padrin, il pidiellino che presiede la commissione regionale competente in materia di sanità e che sarà relatore in aula del testo approvato. Padrin ricorda che ogni consigliere ha il diritto di proporre modifiche al documento e che eventuali interventi riguardanti la rete ospedaliera, pur non trovando spazio nel Piano, potranno essere oggetto di ordini del giorno a latere. Su un punto però non transige: «La commissione, grazie al lavoro responsabile di maggioranza e opposizione, ha raggiunto un punto di equilibrio importante, che io intendo difendere, pur nell’autonomia del consiglio, perché ritengo il Piano uno strumento non prezioso ma indispensabile per la sopravvivenza della sanità veneta».
Il Mattino di Padova – La Nuova Venezia – La Tribuna di Treviso – 18 maggio 2012