La Cosmed riconosce la “validità complessiva” dello schema di Piano sanitario nazionale, ma ne sottolinea le criticità. «Il sistema sanitario è sottofinanziato»
La Confederazione sindacale dei medici e dirigenti (Cosmed) riconosce la “validità complessiva” dello schema di Piano sanitario Nazionale 2011-2013, ma sottolinea che il raggiungimento degli obiettivi è “di difficile realizzazione, soprattutto in termini di soddisfazione degli utenti, se non si interviene su quattro temi fondamentali: il finanziamento del sistema, la carenza di posti letto, le liste di attesa, le risorse umane”. Ecco il parere della Cosmed sul Psn.
Lo schema di Piano sanitario nazionale previsto per il 2011-13 “presenta numerosi aspetti condivisibili e si propone finalità ed azioni utili al miglioramento del Servizio sanitario nazionale”. Ma “non si interviene su quattro temi fondamentali”, senza i quali ogni obiettivo è “di difficile realizzazione, soprattutto in termini di soddisfazione dei cittadini”. Lo afferma il parere sul Psn elaborato dalla Cosmed, così come previsto dall’articolo 1 comma 5 del Dlgs 502/92.
Secondo la Cosmed, infatti, nel nostro Paese c’è un “grave” sottofinanziamento del sistema sanitario pubblico e “a causa dello scarso incremento del sistema sanitario, numerose Regioni presentano deficit sanitari, sebbene le Regioni stesse destinino alla spesa sanitaria più del 80% dei loro bilanci”. “I deficit sanitari regionali producono inoltre un blocco del turnover indiscriminato”, continua la Cosmed chiedento, pertanto, “un rapido rifinanziamento se si vuole mantenere standard tecnologici e professionali adeguati, riconoscendo alla sanità pubblico quel ruolo prioritario che le compete in termini di qualità della vita e di sviluppo umano”.
Quanto ai posti letto, già nel 2008 l’Italia disponeva di soli 3,7 posti per mille abitanti ed è l’unico Paese europeo che ha dimezzato dal 1990 ad oggi la dotazione di posti letto che era di 7,2 per mille nel 1990 e di 6,2 nel 1995. L’errore, secondo la Cosmed, sta nel fatto che “è convinzione diffusa, come trapela anche da alcune affermazioni contenute nel piano, che la riduzione dei posti letto coincida con la riduzione del deficit sanitario. Tutto questo è contraddetto dal fatto che tra le Regioni con il maggior numero di posti letto troviamo l’Emilia Romagna ed il Trentino (entrambe con 4,2 posti letto per mille abitanti) regioni notoriamente virtuose ed in equilibrio di bilancio, mentre tra le Regioni con il minor numero di posti letto troviamo Campania e Calabria (rispettivamente con 3,1 e 3,2 per mille) che risultano tra le più indebitate”. E la vera conseguenza della carenza di posti letto è, secondo la Cosmed, di rendere “drammatica la condizione dei pronto soccorso ospedalieri, specie metropolitani, con lunghi periodi di attesa in barella nelle strutture di emergenza” creando, in questo modo, anche “gravi disagi ai pazienti” e “disaffezione dei cittadini nel servizio sanitario pubblico, oltre che una lesione dei diritti del malato ed un grave pregiudizio alla serenità ed alla sicurezza delle cure”.
E non c’è nulla, a livello territoriale, in grado di farsi carico di questi pazienti. “Esiste” anzi, secondo la Cosmed, “il fondato sospetto che ai tagli alla spesa ospedaliera non corrisponda un altrettanto potenziamento territoriale”.
Un’altra conseguenza delle carenze del sistema è l’allungamento delle liste di attesa, che rappresenta peraltro un altro “punto critico per la credibilità del sistema” e che “sono in buona parte generate dalle scelte di politica e di programmazione della spesa sanitaria” perché “le Aziende ospedaliere e sanitarie pubbliche e private non hanno interesse ad implementare l’offerta di prestazioni ambulatoriali assai meno remunerative rispetto a quelle correlate al ricovero ed alla fatturazione mediante Drg. Lo smantellamento del sistema dell’incentivazione alla produttività e il ricorso sempre più ridotto alle prestazioni aggiuntive da richiedere al personale sanitario hanno ulteriormente inciso nell’offerta di prestazioni ambulatoriali.
Per quanto riguarda la preoccupazione per la progressiva carenza di medici che si prospetta nei prossimi anni, la Cosmed esprime apprezzamento per l’attenzione posta nel Piano, ma sottolinea che questa problematica “non è risolvibile con il prolungamento dell’età lavorativa fino al 70° anno di età o con l’apertura indiscriminata del corso di laurea di medicina, bensì con la trasformazione, almeno a partire dal terzo anno del percorso formativo, del contratto di formazione-lavoro in contratto di lavoro a tempo determinato che consenta, al pari di quanto avviene in tutti i Paesi della comunità europea, un graduale inserimento dei medici specializzandi all’interno delle attività assistenziali”.
Quotidianosanita.it – 20 aprile 2011