Fondazione Gimbe. La denuncia: il Def 2017 conferma il progressivo definanziamento del servizio sanitario nazionale. Nel 2019 la spesa sarà al di sotto della soglia di allarme fissata dall’organizzazione della sanità nel caso della crescita del Pil inferiore alle attese. Rischio di ridurre prestazioni e accesso alle cure
Nel 2019 Italia spenderà solo il 6,4% del Pil, soglia allarme per qualità assistenza e longevità. Il rischio di diminuire l’accesso alle cure, incidendo sulla qualità della vita dei cittadini è sempre più concreto. La fondazione Gimbe ha condotto un’analisi del documento di economia e finanza (Def) 2017, ora all’esame della commissione Sanità del Senato, e sostiene che il rapporto tra spesa sanitaria e Pil diminuirà dal 6,7% del 2017 al 6,5% nel 2018 per precipitare al 6,4% dal 2019. Una percentuale mai raggiunta in passato, inferiore alla soglia di allarme fissata dall’Organizzazione mondiale della sanità: il 6,5% sul prodotto interno lordo. Questo inciderà sulla qualità dell’assistenza, sull’accesso alle cure e sull’aspettativa di vita delle persone. Se le stime contenute nel Def, com’è noto documento assai provvisorio, il rischio è di «profondo rosso».
Nel triennio 2018-2020 il Pil nominale dovrebbe crescere in media del 2,9% l’anno. L’incremento della spesa sanitaria dovrebbe attestarsi su tasso medio annuo dell’1,3%. Per la sanità pubblica questo significa passare dai 114,138 miliardi di euro stimati per il 2017 a 115,068 nel 2018, a 116,105 nel 2019 e 118,570 nel 2020. «Sulle cifre assolute – sostiene Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – è meglio non farsi troppe illusioni, perché negli ultimi anni la sanità ha sempre ricevuto molto meno di quanto previsto dal Def. Clamoroso l’esempio del 2016: i 117,6 miliardi di euro stimati dal Def 2013 si sono ridotti a 116,1 con il Def 2014, quindi a 113,4 con il Def 2015, per arrivare con la legge di Stabilità 2016 a un finanziamento reale di 111 miliardi, comprensivi di 800 milioni di euro da destinare ai nuovi Lea».
Se le stime del Def fossero confermate nella manovra a fine anno nel prossimo triennio la sanità pubblica potrà disporre delle stesse risorse in termini di potere di acquisto solo se la ripresa economica del Paese sarà in linea con previsioni più che ottimistiche, visto che la crescita stimata del Pil è del1,1% nel 2017 e del 1% nel 2018 e nel 2019. Se, invece, saranno più basse ci saranno conseguenze: crescendo meno del Pil nominale, la spesa sanitaria non coprirà nemmeno l’aumento dei prezzi. E la sanità continuerà a perdere terreno. Secondo l’Ocse la spesa totale pro-capite è inferiore alla media (3.272 contro 3.814 dollari). Tra i paesi del G7 l’Italia è fanalino di coda per spesa totale e pubblica, ma secondi per spesa a carico dei cittadini. «Negli ultimi 10 anni la politica si è progressivamente sbarazzata di una consistente quota della spesa pubblica destinata alla sanità senza essere capace di rinforzare la spesa privata intermediata, con la conseguenza che la spesa a carico dei cittadini nel 2016 ha sfiorato i 35 miliardi di euro» aggiunge Cartabellotta.
Anche i nuovi «Lea» suscitanho perplessità: «presentati come grande traguardo politico rischiano di trasformarsi in illusione collettiva con gravi effetti collaterali: allungamento delle liste d’attesa, aumento della spesa out-of-pocket, sino alla rinuncia alle cure. Infatti, la necessità di estendere oltre ogni limite il consenso ha generato un inaccettabile paradosso, figlio di contraddizioni politiche e di una programmazione sanitaria sganciata da quella finanziaria».
Il Manifesto – 20 aprile 2017