Le possibilità per le Casse professionali di puntare su fondi di investimento riservati agli operatori istituzionali sarà vincolata da una doppia «regola del 10 per cento»: le Casse non potranno dedicare a questo tipo di operazioni più di un decimo delle loro disponibilità, e il loro investimento non potrà superare il 10% del valore del fondo.
Previsto dal 2011 e oggetto di una lungo lavoro preparatorio prima di scomparire dai radar, il decreto che regola gli investimenti delle Casse previdenziali ora rispunta a un passo dal traguardo. Ad annunciarne l’arrivo è stato ieri il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, rispondendo alla Camera a un question time su Monte Paschi prima dell’informativa sulle banche (su questo e sul ruolo di Atlante si vedano i servizi a pagina 4). Sempre ieri, del decreto ha parlato anche il sottosegretario di Via XX Settembre, Pier Paolo Baretta, definendolo «in via di emanazione» nel corso di un’audizione alla commissione parlamentare di controllo sulle Casse.
L’accelerazione del provvedimento incrocia, almeno sul piano del calendario, la querelle sul possibile coinvolgimento delle Casse nella replica del fondo chiamato a gestire i crediti in sofferenza del Monte dei Paschi. Nell’audizione di ieri, Baretta ha sostenuto che l’adesione delle Casse, prima annunciata in una delibera dell’Adepp e poi accantonata anche per l’assenza delle «direttive ministeriali» poste come precondizione nello stesso documento dell’associazione, sarebbe rientrata «nella piena prerogativa e autonomia decisionale degli enti previdenziali».
A ribadirlo interviene appunto il decreto in arrivo, dove viene fissata una serie di limiti prudenziali agli investimenti degli enti previdenziali (in qualche caso più rigidi rispetto alle prime bozze del provvedimento) che però secondo il governo non sarebbero stati superati dall’eventuale adesione ad Atlante. Le possibilità di investimento in fondi riservati (Fia), tra l’altro in varia misura già realizzati da alcune Casse, vengono ribadite nel decreto e accompagnate appunto dal doppio limite del 10 per cento. Un terzo vincolo, scritto per garantire la diversificazione del rischio ed evitare un legame troppo stretto fra emittenti e investitori, impedirà di concentrare più del 5% delle proprie disponibilità in strumenti finanziari emessi da un unico soggetto, a prescindere dalla tipologia di investimento. Nelle bozze del provvedimento, poi, è scritto un altro tetto, che fissa al 20% del patrimonio l’investimento massimo in immobili e diritti reali.
Anche se non in via ufficiale, nel confronto fra governo ed enti di previdenza condotto sull’ipotesi di adesione ad Atlante II era entrata la richiesta di una revisione dell’aliquota al 20% sulle rendite finanziarie. Sul punto, Baretta ha evidenziato lo “scambio” rappresentato dal recupero fiscale di sei punti, tale cioè da neutralizzare l’aumento, introdotto dal governo per gli investimenti nell’«economia reale». In quel caso, ha ricordato Baretta, il provvedimento attuativo è stato scritto in fretta ed è stato accompagnato da uno stanziamento da 80 milioni per finanziare il bonus: le richieste arrivate dalle Casse si sono però finora fermate a 36 milioni, lasciando quindi intatto il 55% del fondo: «Se lo consideriamo un punto di partenza si tratta di un dato positivo – ha chiosato Baretta -, ma è anche la prova che ci sono spazi non utilizzati».
Gianni Trovati Il Sole 24 Ore – 4 agosto 2016