Tra medici e infermieri è guerra. Chi accusa di golpe il Governo e le Regioni. Chi rivendica che ora niente sarà più come prima. Eppure la partita non è affatto chiusa. E lo prevede proprio la legge, che ha rispolverato la “concertazione” come metodo per arrivare all’accordo. Un’opportunità che al momento i più sembrano però dimenticare o minimizzare
Dopo l’ultima presa di posizione della Fnomceo sul comma 566 penso possa essere utile fare un riepilogo di cosa è successo nel mondo delle professioni all’indomani del varo della legge di stabilità che ha voluto dedicare un passaggio al tema delle “nuove competenze”, che tanto ha diviso e continua a dividere, soprattutto medici e infermieri.
Partiamo, anche se ormai il testo è stranoto, da cosa è scritto in questo comma:
“Ferme restando le competenze dei laureati in medicina e chirurgia in materia di atti complessi e specialistici di prevenzione, diagnosi, cura e terapia, con accordo tra Governo e Regioni, previa concertazione con le rappresentanze scientifiche, professionali e sindacali dei profili sanitari interessati, sono definiti i ruoli, le competenze, le relazioni professionali e le responsabilità individuali e di équipe su compiti, funzioni e obiettivi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, tecniche della riabilitazione e della prevenzione, anche attraverso percorsi formativi complementari. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
In sostanza, come abbiamo già avuto modo di scrivere, il Governo e il Parlamento hanno deciso di dare forza di legge all’obiettivo di ridefinire le competenze professionali dei sanitari già oggetto dei tavoli tecnici Governo Regioni, dai quali è alla fine emersa una ipotesi di accordo sulle competenze infermieristiche tutt’ora in attesa di essere trasmessa alla Stato Regioni.
I medici non hanno mai nascosto la loro avversità. Sia nel metodo che nel merito. Lamentando di non essere stati parte attiva nella discussione e poi perché, hanno sempre detto, le nuove competenze sembrano essere dettate più da motivi economici, “gli infermieri costano meno di noi”, che per un’effettiva esigenza di ridisegnare il “chi fa che cosa” in sanità.
Di contro le professioni sanitarie, infermieri Ipasvi in testa, pur con qualche distinguo anche al loro interno, hanno puntato molto su questi accordi che ritengono la prima significativa risposta alla loro evoluzione formativa e professionale.
Questo prima del comma 566. Dopo che il testo è diventato legge lo scontro si è addirittura “incattivito” con un’alzata di scudi univoca dei medici, da una parte, e il plauso entusiasta degli infermieri Ipasvi che vedono ora molto più vicina (se non già avviata de facto) quella nuova frontiera professionale che si aprirebbe con le nuove competenze.
Dico la mia: sbagliano tutti e due. Il comma 566, se è vero che rilancia l’accordo Stato Regioni, inserisce una premessa fondamentale prevedendo che tale accordo si debba fare “previa concertazione con le rappresentanze scientifiche, professionali e sindacali dei profili sanitari interessati”.
Avere messo nero su bianco su una legge delle Stato che l’accordo “deve” avere la “concertazione” delle parti in causa (e quindi sia dei medici che degli infermieri e delle altre professioni che saranno via via coinvolte) cambia tutto.
Concertazione non è un termine banale. Non vuol dire semplicemente raccogliere un parere. Vuol dire, come si legge nella Treccani in riferimento al mondo del lavoro, che si sceglie un “metodo di gestione delle politiche del lavoro e delle relazioni sindacali, che si caratterizza per la ricerca costante, da parte del governo, del confronto con le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro e del loro consenso preventivo sulle decisioni politiche ed economiche che devono essere adottate”.
In questo caso, non c’è in ballo direttamente un contratto ma quasi (perché è indiscutibile che a fronte di nuove competenze esse possano divenire contestualmente oggetto anche di negoziazione contrattuale), ma la sostanza non cambia: stante alla legge di stabilità, senza accordo e consenso tra tutte le professioni interessate, Stato e Regioni non potranno sancire alcun accordo. Pena, andare contro lo stesso spirito della “legge del comma 566”.
Non è una novità di poco conto, che stranamente non ho visto sottolineare in nessuno dei numerosi commenti ospitati da Quotidiano Sanità, salvo in quello di Saverio Proia che giustamente ne rivendica anche la portata politica generale sottolineando la rivitalizzazione della concertazione quale “strumento democratico” e in quello di Carlo Palermo e Antonio Ciofani dell’Anaao che sembrano però darne una lettura minimalista senza coglierne le opportunità per il rilancio e la riaffermazione del ruolo del sindacato nella vicenda. Senza contare che a questo punto la sede per la concertazione già esiste ed è proprio quella “Cabina di Regia”, che la Fnomceo ha deciso imprudentemente di snobbare, e che a novembre 2014 veniva già indicata da Governo e Regioni come luogo di confronto permanente di tutte le professioni sanitarie, medici compresi.
A questo punto i giochi si devono riaprire, piaccia o non piaccia. La bozza di accordo dell’aprile 2014 può e deve essere ridiscussa e sarà compito del Governo e delle Regioni, proprio in base al comma 566, ricercare il massimo consenso tenendo conto di osservazioni e modifiche delle parti in causa, per arrivare a “concertare” un testo sul quale sancire l’accordo finale.
Quindi sbagliano i medici a sentirsi già in guerra quando le possibilità di un accordo sono ancora tutte lì e sbaglia l’Ipasvi a dare già come fatto un accordo che ancora deve essere scritto e concertato. Anche con il “nemico”.
Cesare Fassari – Quotidiano sanità – 1 febbraio 2015