La riforma, seppure mini, c’è. Ma per ora solo sulla carta. Per vederla applicata ci si deve aggiornare tra un anno. Perché le novità introdotte dalla manovra di Ferragosto in materia di libere professioni devono essere trasferite negli ordinamenti di ciascuna categoria.
E il termine fissato per tale operazione è di dodici mesi. Questo è il tempo a disposizione del Parlamento per licenziare una o più leggi di modifica degli ordinamenti professionali coinvolti dalle nuove misure. Altra strada non c’è, dato che gli ordinamenti hanno essi stessi forma di legge e non possono essere aggiornati che attraverso il medesimo strumento.
Un meccanismo che suscita più di una perplessità sull’effettivo conseguimento del risultato. Considerato soprattutto lo scenario politico assai instabile e con le Camere di conseguenza concentrate su tutt’altri problemi. Ecco perché da parte delle categorie si chiede di premere sull’acceleratore convocando al più presto un tavolo di confronto tra ministero della Giustizia e professionisti per studiare un approccio comune all’adeguamento degli ordinamenti. Secondo Marina Calderone, presidente del Comitato unitario professioni (Cup) nonché ai vertici dei consulenti del lavoro, è l’unica strada per fare presto e tradurre in pratica la riforma (si veda anche la pagina seguente).
In caso contrario, le nuove misure rimarrebbero nel limbo delle buone intenzioni. Anche se, a dire il vero, gran parte delle modifiche promesse dalla manovra sono già realtà per quasi tutte le categorie. Dal praticantato alla pubblicità, dalle assicurazioni contro i rischi professionali alla pubblicità, il mondo degli Ordini e Collegi è ormai al passo con quanto richiesto dal decreto di mezzagosto, ora convertito in legge. In alcuni casi (come i notai) anche il sistema di disciplina è disegnato secondo le linee indicate nella manovra, con organi a livello territoriale in cui non possono sedere né i consiglieri degli Ordini provinciali, né i componenti dei consigli nazionali. In altre parole, riguardo a gran parte delle novità l’adeguamento degli ordinamenti è più che altro una presa d’atto, una formalizzazione dell’esistente. Ma che va comunque fatta, se si vuole dare forma compiuta e incisività alla riforma, la quale, proprio per questi motivi, si rivela di modesta portata.
È comunque un, seppur piccolo, passo avanti, che ai professionisti non dispiace. Insomma, ci si accontenta. Anche perché è da quasi trent’anni che si aspetta una riforma organica delle professioni. Si inizia a parlarne nel 1983, anno in cui il ministro della Giustizia Clelio Darida insedia una commissione ad hoc, affidandone il coordinamento al magistrato Giacomo Perticone. Da allora, di ministro in ministro e di commissione in commissione, si è arrivati fino ai giorni nostri. Dove la storia non ha preso una piega diversa da quella finora conosciuta.
Anche l’ex Guardasigilli, Angelino Alfano, ora segretario del Pdl, aveva promesso la riforma delle professioni entro lo scorso autunno. E aveva pure iniziato una serie di incontri con le categorie, che avrebbero dovuto preludere a un disegno di legge di riforma elaborato dal Governo. Non è, invece, accaduto nulla fino all’inizio dell’estate, quando si è ritornati a parlare con insistenza di un intervento sulle professioni, ma con accenni di liberalizzazione radicale. Ci si è spinti, infatti, a prefigurare anche l’abolizione degli Albi. Salvo poi far rientrare tutto e dar vita a una mini-riforma. Per di più, nell’ambito di un decreto legge salva-deficit e, soprattutto, almeno per ora soltanto annunciata
ilsole24ore.com – 20 settembre 2011