Nella sentenza n.20856/2012, la Corte di Cassazione ha ribadito che, ai fini della legittimità del licenziamento del dirigente, non è necessaria la sussistenza di un giustificato motivo. Con riguardo a questa particolare fattispecie contrattuale, infatti, la Suprema Corte ha ricordato che il recesso può trovare fondamento nella più lieve nozione di giustificatezza, salvo che alla base non vi siano ragioni di natura discriminatoria. Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto lecita la successiva suddivisione ed attribuzione delle mansioni svolte dal manager licenziato ad altro dirigente, in quanto tali operazioni erano state poste in essere in seguito ad un effettivo piano di riorganizzazione aziendale, conclusosi con l’assunzione di nuovi dipendenti di basso livello professionale e attraverso l’eliminazione di gran parte delle figure rientranti nell’area dirigenziale.
La Cassazione, inoltre, aveva rilevato come le mansioni del ricorrente non fossero state affidate nell’ambito di una posizione lavorativa esattamente sovrapponibile a quella da esso rivestita, ma devoluta solo parzialmente ad altro dirigente.
Si tratta di azioni che, a detta degli ermellini, erano state configurate dal datore di lavoro nel rispetto degli obblighi di correttezza e buona fede, nonché prive di intenti ritorsivi, persecutori, pretestuosi o arbitrari. Tutte condizioni per le quali il recesso del dirigente è stato ritenuto legittimo.
Valerio Pollastrini – valeriopollastrini.blogspot.it – 14 agosto 2014
- – interpretazione confermata dalla Corte di Cassazione nella Sentenza n.3175/2013;