Matteo Renzi non stravolgerà la sua agenda, niente tappe forzate per il referendum costituzionale d’autunno. Il mese cerchiato in rosso resta novembre, la data in una domenica compresa tra il 13 e il 20 (meno probabile il 27), sebbene il “verdetto” della Corte di Cassazione sarà anticipato appunto a lunedì, anziché slittare a ridosso di Ferragosto. “Io voterei anche subito ma ci sono i tempi tecnici da rispettare e a quelli non possiamo derogare – ha ripetuto ai suoi a Roma dalla missione olimpica a Rio – Quel che conta è che arrivi il via libera e che presto si potrà parlare solo di contenuti e non di date”.
Per essere chiari, stando a quanto lasciano trapelare da Palazzo Chigi, non sarà il Consiglio dei ministri dell’11 agosto – l’ultimo prima del rompete le righe – quello decisivo per la data della consultazione. Anche perché dopo il responso della Corte dovranno trascorrere 10 giorni lavorativi per gli eventuali ricorsi. E con molta probabilità non lo sarà nemmeno il Cdm della ripresa del 26 agosto. Dopo il pronunciamento della Corte il governo avrà sessanta giorni di tempo per convocare il Cdm decisivo. Non intende prenderseli tutti. Ma basterà decidere ai primi di settembre, per fissare la data come prevede la legge tra i 50 e i 70 giorni successivi, perché molti tasselli vadano al loro posto. La consultazione si dovrebbe tenere a quel punto tra la seconda e la terza domenica di novembre. Questo, spiegano, consentirebbe intanto l’approvazione della legge di stabilità almeno in prima lettura (la sessione di bilancio inizierà in Parlamento a fine ottobre). Esigenza fatta presente anche dal capo dello Stato Sergio Mattarella nel corso dell’ultimo colloquio avuto col premier al Quirinale. Il presidente non ha fissato, né intende farlo, un paletto temporale, la decisione sulla data è e resta politica e dunque di competenza del governo, anche se sarà il Colle a controfirmare il decreto: ma data la delicatezza dell’appuntamento, e le sue possibili ricadute, sarebbe preferibile arrivarci con un paracadute che salvaguardi intanto i conti e le finanze dello Stato. In secondo luogo, prendersi ancora qualche settimana di tempo consentirà a Renzi ulteriori boccate di ossigeno, ora che i sondaggi iniziano a segnare una battuta d’arresto per il fronte del No alla riforma costituzionale. Insomma, questi novanta giorni di campagna referendaria serviranno, anche per proseguire nell’operazione mediatica di “spersonalizzazione” e depoliticizzazione del referendum. Una strategia comunicativa che inizierebbe a dare i suoi frutti, a leggere l’ultimo sondaggio pubblicato ieri da Ixé per Agorà (51 per cento di votanti, i Sì al 45, i No al 36). Ma i sondaggi per ora fluttuano. Di certo c’è invece un’altra data: il 4 ottobre, quando la Corte Costituzionale si pronuncerà invece sulla legittimità dell’Italicum. In caso di bocciatura o di richiesta di significativi rimaneggiamenti sarebbe difficile anticipare la fine della legislatura, qualunque sia l’esito del referendum costituzionale. Ma quella è tutta un’altra partita.
Repubblica – 6 agosto 2016