Un Sud Italia sempre meno popolato, sempre più anziano. E di conseguenza sempre più povero, anche se questo le previsioni demografiche appena pubblicate dall’Istat non lo dicono. Dallo studio “Il futuro demografico del Paese” emerge un forte calo della popolazione italiana, che passerebbe dagli attuali oltre 60 milioni a 58,6 milioni nel 2025 e 53,7 milioni nel 2065. Con un picco negativo fino al 2045, quando solo il 54,3% della popolazione sarà in età lavorativa. Ma le previsioni mostrano anche un Paese sempre più squilibrato, con un Nord che cresce in popolazione e attira anche le migrazioni dall’estero, e un Sud che si spopola, dove rimangono solo gli anziani a invecchiare.
A soffrire della riduzione della popolazione, secondo i demografi, sarà infatti soprattutto il Mezzogiorno, che passerà ad accogliere dall’attuale 34% della popolazione al 29%, mentre il Centro-Nord passerà dall’attuale 66% al 71%. Non si tratta solo dell’effetto del calo delle nascite, ma di una forte ripresa dell’emigrazione interna, del resto già ricominciata negli ultimi anni: nel 2065 il Sud avrà perso 1,1 milioni di abitanti, soprattutto giovani.
Sempre in meno al lavoro. La fecondità è prevista in rialzo, da 1,34 a 1,59 figli per donna, ma visto che anche la sopravvivenza è in aumento, con la vita media in crescita fino a 86,1 anni per gli uomini e 90,2 per le donne, la popolazione invecchierà: l’età media passerà da 44,7 a oltre 50 anni nel 2065, con un picco fino al 2045-50. Dopo si assesterà, ma nel frattempo la popolazione in età attiva, in grado di lavorare e versare contributi che supportino il sistema previdenziale, scenderà al 63% del totale già nel 2025 (adesso siamo al 64,3%).
Gli emigrati scelgono il Nord. Così come il flusso migratorio interno, anche quello dall’estero si concentrerà soprattutto nel Centro-Nord. Le previsioni in questo caso sono un po’ meno affidabili, precisa l’Istat, visto che i saldi migratori dipendono in parte anche dalla legislazione e soprattutto da circostanze esterne al nostro Paese (a cominciare dalle guerre, per esempio). Però in ogni caso i demografi prevedono un salgo migratorio con l’estero ampiamente positivo, con almeno due milioni e mezzo di residenti in più provenienti dall’estero entro il 2065 (circa 144.000 immigrati in arrivo ogni anno).
E mantengono il Paese “giovane”. E’ proprio grazie all’arrivo degli immigrati che si alzerà costantemente il numero di figli per donna. E quindi se si considerano non solo gli arrivi, ma anche le nascite, il peso positivo delle migrazioni sulla popolazione italiana è notevole, si potrebbe arrivare a oltre 10 milioni di persone in più da qui al 2065.
L’Italia invecchia fino al 2045, poi andrà meglio. L’allarme invecchiamento raggiungerà un picco nel 2045: solo il 54,3% della popolazione sarà in età attiva, e quindi sarà difficile tenere in equilibrio il sistema pensionistico. Un terzo della popolazione sarà anziana. Un dato del quale del resto si è già tenuto conto in gran parte nelle riforme. Dopo invece andrà meglio, e l’età media si andrà gradualmente riequilibrando, anche se questo dipende molto dalla natalità.
Nel Mezzogiorno età media oltre i 50 anni. Questo processo d’invecchiamento della popolazione non si distribuirà in modo omogeneo, ma penalizzerà soprattutto il Mezzogiorno, che avrà una riduzione della popolazione in età da lavoro del 13%. L’età media del Mezzogiorno si attesterà a 51,6 anni entro il 2065.
Repubblica – 26 aprile 2017