Il ministro Fornero lo ha ripetuto: le casse dovranno fare quello che chiede la manovra «salva Italia». Ma cresce il sospetto che la ragione della stretta sia mettere le mani sulla previdenza privata. Di seguito l’analisi di oggi del Giornale. «Procederemo sulle casse dei professionisti». Uno dei messaggi più chiari lanciati ieri Elsa Fornero (probabilmente la principale ragione che ha spinto il ministro del Welfare a rilasciare l’intervista al Corsera) riguarda la previdenza dei lavoratori autonomi. In sintesi: non ci saranno sconti e le casse dovranno fare quello che gli chiede la manovra «salva Italia»: mettere in sicurezza da qui a 50 anni la previdenza dei professionisti.
La strada è segnata e chi non lo farà entro il prossimo giugno subirà la stessa cura che è toccata agli altri pensionati: passaggio automatico al sistema contributivo pro rata e contributo di solidarietà dell’1 per cento per due anni.
Detto così non è un dramma. Il fatto è che dentro le stesse casse e anche nella politica, negli ultimi tempi è cresciuto il sospetto che le ragioni dell’uscita del ministro, e della stessa stretta prevista dalla manovra, sia mettere le mani sulla previdenza privata. Limitare l’autonomia degli istituti e dettare ricette di risanamento etero-dirette nel migliore dei casi, inglobarli nell’Inps e appropriarsi del loro patrimonio immobiliare nel peggiore. I primi dubbi sono emersi giorni fa, a manovra approvata. Principale obiezione: pianificare conti in ordine per 50 anni è una missione impossibile, visto che si deve sapere in anticipo quando verseranno alla previdenza professionisti che ancora non sono entrati nel mondo del lavoro. Ma anche e soprattutto perché, in questo momento, le casse sono in grado di garantire il pareggio dei conti solo per 30 anni. Poi cominciano i problemi. È il caso di Inarcassa, l’ente previdenziale degli ingegneri e degli architetti, che ha messo al sicuro i conti fino al 2033.
Nella stessa situazione si trovano altri istituti. E questo sarebbe un argomento a favore di chi vuole «commissariare» la previdenza dei professionisti. Ma il saldo negativo è solo temporaneo, controbatte la previdenza privata. È il caso di quella dei dottori commercialisti – ha recentemente assicurato il presidente della Cassa Walter Anedda. Situazione simile per giornalisti e altre fondazioni previdenziali. Nessun rischio, quindi, che si ripetano casi come quello dell’Istituto dei dirigenti d’azienda, Inpdai, che è stato assorbito dall’Inps – e quindi «sotto l’ombrello del soccorso pubblico», ha ricordato ieri Fornero, perché aveva conti non sostenibili. Poi le casse possono contare su un immenso patrimonio immobiliare.
Nella manovra si precisa però che nel valutare i conti per i prossimi 50 anni, le casse non dovranno tenere conto del patrimonio immobiliare. Un ordine del giorno di Giuseppe Marinello – deputato Pdl e vice presidente della Commissione Bilancio della Camera che ha anche chiesto e ottenuto la proroga di tre mesi per la riforma delle Casse – impegna il governo a tenere conto anche del mattone, che è uno dei principali asset della previdenza privata. Ma lo stesso Marinello pensa che il pericolo per le casse non sia passato. «È un’impostazione comunque statalista, di chi vuole che lo Stato espropri gli enti del loro patrimonio, che consiste in circa 50 miliardi di euro in immobili». L’obiettivo sarebbe insomma quello di mettere in difficoltà le casse («nemmeno l’Inps può garantire equilibrio in 50 anni», aggiunge il deputato Pdl), portarle al commissariamento e poi all’inglobamento nell’istituto di previdenza che dal 2012 assorbirà già l’Inpdap (lavoro pubblico) e l’Enpals (spettacolo). «Per fare cosa poi? Per colmare per un anno i conti dell’Inps? Le casse sono già indirizzate in un percorso virtuoso, che va incoraggiato, non imbrigliato e deviato. Poi perché si parla tanto di liberalizzazioni, ma poi si cerca di statalizzare la previdenza privata?». Di opinione diversa Giuliano Cazzola, anche lui deputato Pdl ed esperto di previdenza. «Sono abbastanza d’accordo con Fornero, soprattutto ora che sono stati dati altri tre mesi alle casse per mettersi in regola. Capisco che fare quadrare i conti escludendo il patrimonio immobiliare sia molto difficile. Il problema è che in passato le casse sono state troppo timide con le riforme».
Antonio Signorini – IL Giornale – 19 dicembre 2011