«La manovra pensionistica contenuta nella legge di bilancio 2017 scarica gli oneri sulle generazioni future. E se si dice che il debito implicito è qualcosa che non ha valore allora si sta implicitamente dicendo che in futuro si taglieranno le pensioni».
Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, non ha usato mezzi termini per bocciare la mini-riforma introdotta con la legge 232/2016 nell’ambito del convegno Tuttopensioni, organizzato ieri dal Sole 24 Ore. Dichiarazioni, le sue, criticate sia sul fronte politico, sia su quello sindacale.
Per Boeri la manovra pensionistica ha respiro corto e non elimina «differenze di trattamento macroscopiche anche nell’ambito di una stessa generazione». Un esempio, secondo il presidente dell’Inps, arriva dall’ampliamento della platea dei pensionati aventi diritto alla quattordicesima. «In questo modo – ha dichiarato – non si tiene conto delle condizioni delle famiglie e la quattordicesima può andare, ad esempio, anche al marito della ricca manager».
Secondo il professore nella manovra c’è un errore di metodo. «Quella fatta – ha detto Boeri – è stata una valutazione sull’impatto della spesa pensionistica nel breve e medio termine, ossia nell’arco di dieci anni, ma così non si va a guardare oltre il 2026, mentre sarebbe importante farlo. Se avessimo avuto calcoli del debito implicito negli anni ’60, ’70 e ’80 le “baby pensioni” non sarebbero state introdotte».
La replica governativa è arrivata in serata per bocca del ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti, secondo cui «il miglioramento dei trattamenti pensionistici varato con la legge di bilancio è del tutto sostenibile per la finanza pubblica sia nell’immediato, sia in prospettiva. Il Governo Renzi – ha chiarito il ministro – proprio per contrastare la povertà ha stanziato, per la prima volta nel nostro Paese, risorse consistenti e il Governo Gentiloni sta accelerando l’approvazione in Parlamento della legge delega in materia».
Per Stefano Patriarca, consigliere economico della presidenza del Consiglio, presente a Tuttopensioni, «non c’è dubbio che nei 300 miliardi annui di spesa pensionistica italiana ci sia un pezzo d’ineguaglianza rilevante, ma c’è anche tanta equità sociale». Quanto al richiamo al debito implicito, secondo Patriarca «il profilo temporale degli interventi è fondamentale per valutarne gli effetti sul bilancio pubblico e non è sufficiente l’effetto complessivo “a saldo” sui prossimi 60 anni, e nel caso specifico ipotizzare in alternativa un intervento che aumenta la spesa per i prossimi 20 anni per poi compensarla nei successivi 20. In tal modo si ha forse meno debito pensionistico ma più debito pubblico».
Il consigliere ha sostenuto, infine, che l’anticipo pensionistico volontario e sociale non impattano sulla previdenza, come conteggia invece l’Inps, giacché «l’Ape volontario è un anticipo finanziario, mentre l’Ape sociale è un’indennità assistenziale».
Chi ha chiesto un chiarimento ministeriale è stato Maurizio Sacconi, presidente della Commissione Lavoro del Senato. «Boeri – ha sottolineato Sacconi – ipotizza un pesante debito implicito nei provvedimenti previdenziali contenuti nella legge di bilancio. Diventa a questo punto necessaria una risposta motivata dei ministeri del Lavoro e dell’Economia anche alla luce del negoziato in corso con la Commissione Europea».
«Stupito dai rilievi di Boeri» si è detto il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, secondo cui «l’ultima legge di bilancio nella parte relativa alla previdenza, introduce importanti principi di equità e di solidarietà».
«Boeri vive su Marte? – si è chiesto a sua volta il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti –.Solo chi è fuori dalla realtà può dire, ad esempio, che la quattordicesima per le pensioni fino a mille euro favorisce i pensionati ricchi». Concetto ripreso dal segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli, per il quale «con questi primi interventi è stato introdotto un minimo di equità».
Mauro Pizzin – Il Sole 24 Ore – 24 gennaio 2017