La legge di stabilità estende il periodo per utilizzare il regime sperimentale. Anno 2015, fuga verso la pensione per le lavoratrici che possono. Secondo la relazione tecnica alla legge di Stabilità 2016, saranno 32.800 le donne che, maturando entro il 2015 i requisiti per l’uscita anticipata a 57 o 58 anni e 3 mesi e 35 di contributi, sfrutteranno questa possibilità. Il numero è impressionante dato che dal 2004, anno di introduzione del regime sperimentale, al 2014, sono state 27.970 le pensioni liquidate con il ricalcolo contributivo.
Il disegno di legge approvato dal governo e arrivato in Senato consente di utilizzare l’opzione anche alle lavoratrici che maturano il diritto alla pensione (e non la decorrenza come previsto finora) entro il 2015. Per effetto delle finestre mobili, ciò significa estendere il periodo utile di accesso al regime previdenziale di 12-18 mesi. A ciò, secondo le elaborazioni che accompagnano il Ddl, corrispondono 25mila nuove pensionate del settore privato e 7.800 del comparto pubblico, per un totale di 32.800 che andranno effettivamente in pensione tra il 2016 e il 2018.
A questo contingente sono state aggiunte 3.250 lavoratrici del settore privato che, pur maturando requisiti e decorrenza entro il 2015, per loro scelta andranno in pensione più tardi. Quest’ultima è un’opzione già consentita dall’Inps. L’istituto di previdenza, infatti, nel recente passato ha precisato che una volta maturato il diritto e “aperta la finestra” questa non si richiude. Quindi le donne interessate possono chiedere, a loro discrezione, la liquidazione della pensione in un momento successivo rispetto alla prima decorrenza utile.
La relazione tecnica non contiene informazioni sul numero di pensioni liquidate complessivamente con l’opzione nell’anno in corso, ma il dato del solo settore pubblico segna un più 80 per cento. Estendendo tale variazione a livello generale si avrebbero circa 20.750 opzioni nel 2015 che, sommate alle 27.970 del periodo 2004-2014 e alle 36.050 dei prossimi anni porterebbero il totale a quasi 85mila.
Questo nonostante il taglio consistente dell’assegno dovuto al ricalcolo della pensione con il sistema contributivo, come previsto dall’opzione, invece che con quello misto. Per calcolare l’impatto dell’opzione sui conti pubblici nella relazione tecnica si prende come valori di riferimento un importo mensile di 1.100 euro lordi per le dipendenti del settore privato (riduzione del 27,5% rispetto al “misto”) e di 760 euro per le autonome (riduzione addirittura del 36%).
Del resto la “fuga” si spiega con un incremento consistente dei requisiti minimi necessari per la pensione di vecchiaia nel settore privato, quale effetto combinato delle riforme previdenziali e dell’adeguamento alla speranza di vita. I numeri riguardanti gli anni scorsi testimoniano che l’attrattività per l’opzione donna è cresciuta di pari passo con l’incremento dell’età minima (o dei contributi) per accedere alla pensione.
In particolare dal 2012, quando per effetto della riforma previdenziale Monti-Fornero di fine 2011, è stata cancellata la pensione di anzianità.
Il prossimo anno ci sarà un ulteriore scalino per le donne del settore privato: i 63 anni e 9 mesi necessari ora alle lavoratrici dipendenti nel 2016 diventeranno 65 anni e 7 mesi, mentre per le autonome si passerà da 64 anni e 9 mesi a 66 anni e 1 mese.
Matteo Prioschi – Il Sole 24 Ore – 29 ottobre 2015