Il cumulo gratuito per i professionisti è ancora in fase di stallo. Manca un accordo tra Casse di previdenza e Inps sul costo di gestione della pratica di cumulo, quantificato in 65 euro.
Per l’Inps questa spesa va condivisa tra gli enti previdenziali interessati in quota parte, per le Casse è un onere che si deve accollare l’Inps, che per legge dovrà erogare le pensioni di cumulo dei professionisti anche se nell’arco dell’attività lavorativa non è stato versato all’istituto pubblico di previdenza neppure un euro. Intanto il tempo passa e i professionisti aspettano.
La normativa di riferimento
La questione del cumulo gratuito si aperta con la legge di bilancio 2017 (articolo 1, comma 195, della legge di bilancio n. 232 dell’11 dicembre 2016).
Il cumulo permette agli assicurati che hanno maturato periodi contributivi in diverse forme di previdenza obbligatoria, di accedere al pensionamento di vecchiaia o di vecchiaia anticipata, sommando i periodi non coincidenti.
Nei 15 mesi trascorsi Inps e Adepp – l’associazione che rappresenta le Casse di previdenza dei professionisti – hanno avuto una serie di incontri tecnici per consentire l’operatività del cumulo. Era necessario, infatti, permettere alle banche dati pubbliche e private di dialogare tra di loro e creare presso l’Inps una piattaforma ad hoc. Questa condivisione di dati ha permesso di scoprire che potenzialmente sono 700mila i lavoratori che potranno accedere al cumulo e il 10% di loro ha più di 60 anni.
Nel corso del 2017 l’Inps sul cumulo ha pubblicato due circolari, la 60/2017 e la 140/2017 focalizzata sui professionisti, dove viene precisato che sarà l’Inps a pagare i trattamenti pensionistici in cumulo e comincerà a farlo quando tra Inps e Casse sarà stipulata un’apposita convenzione. La convenzione, presentata il 20 febbraio scorso, aveva “lasciato in bianco” la questione del costo di gestione, ora oggetto di scontro.
La legge di bilancio, che ha introdotto il cumulo gratuito, ha stanziato dei fondi per sostenere finanziariamente l’operazione, risorse che secondo l’Inps devono foraggiare le pensioni in cumulo erogate dall’istituto – il cumulo comporta un aggravio di uscite rispetto a quanto preventivato -, mentre secondo Adepp devono anche coprire i costi di gestione.
Dove siamo oggi
In questi ultimi dieci giorni abbiamo assistito a un serrato botta e risposta tra Inps e Adepp. In sintesi ecco cosa è successo:
16 marzo – L’Adepp con un comunicato invita l’Inps a erogare subito le pensioni in cumulo e risolvere in separata sede la questione dei costi di gestione.
17 marzo – Il presidente Inps, Tito Boeri scrive una lettera aperta ai professionisti invitandoli a fare pressioni sulle Casse perché firmino la convenzione.
19 marzo – In risposta le Casse inviano all’Inps la convenzione di febbraio firmata senza però la parte relativa al costo di gestione.
L’Inps, nel frattempo, aveva anche chiesto lumi al ministero del Lavoro che ha risposto che la questione andava risolta tra le parti. Il ministero, però, aveva a sua volta chiesto due pareri tecnici al proprio interno, uno di questi era in linea con quanto sostenuto dalle Casse.
22 marzo – Quando l’Adepp ha tra le mani il parere che le dà ragione, espresso dalla Direzione generale delle politiche previdenziali del ministero del Lavoro, scrive un comunicato in cui invita l’Inps a erogare le pensioni in cumulo senza più indugiare.
L’Inps rilancia chiedendo ad Adepp di firmare una nuova convenzione che sblocchi subito l’erogazione delle pensioni in cumulo rimandando la questione del costo di gestione prima a un tavolo di confronto e, trascorsi 60 giorni senza un accordo, a un giudice super partes.
23 marzo – Per Adepp, che non intende cedere sui costi gestionali, l’Inps ha già in mano le convenzioni firmate per cui deve solo renderle operative.
In questo palleggiarsi di responsabilità i professionisti che hanno lasciato il lavoro certi di poter cumulare si trovano senza attività e senza pensione.
Il Sole 24 Ore – 27 marzo 2018