Le strategie degli istituti: pagamenti a rate, credito bancario facilitato e riscossione più efficiente. Casse di previdenza alle prese con l’evasione contributiva. Il fenomeno negli anni della crisi si è acutizzato e gli enti stanno cercando soluzioni che tengano conto delle diverse situazioni. Perché a volte l’evasione è volontaria, e quindi il professionista pur avendo le risorse, non effettua i versamenti obbligatori, altre volte è causata della mancanza di liquidità per difficoltà a incassare o per problemi che compromettono la capacità di guadagno.
Tuttavia, quando si salta la scedenza del pagamento dei contributi, si cumulano interessi e sanzioni, il debito cresce e diventa ancora più difficile tornare “in carreggiata”. Per accedere al welfare della Cassa, prima, e ottenere la pensione, poi, è necessario che la posizione contributiva sia regolare. Per questo gli enti di alcune professioni, come avvocati e commercialisti, hanno siglato accordi con istituti di credito per consentire prestiti finalizzati proprio alla regolarizzazione della posizione previdenziale.
Il problema è cercare di favorire la regolarizzazione, poiché il monte “crediti da riscuotere” è sempre significativo (si veda la tabella), e nel fondo svalutazione crediti entrano quelli il cui recupero è “a rischio”. Nel fondo crediti, invece, c’è un po’ di tutto.
Per esempio, nel Fondo crediti verso gli iscritti della Cnpadc-dottori commercialisti, che ammonta a 449 milioni di euro, 140 milioni sono rate. «Quattro anni fa – spiega il presidente di Cnpadc, Renzo Guffanti – abbiamo introdotto anche per chi versa oltre il minimo,la possibilità di versare in quattro rate, opzione scelta dal 30% degli iscritti». La Cnpadc è un ente con basso rischio di evasione: «il non recuperato rispetto al credito – racconta Guffanti – non arriva all’1%, e prima della crisi era sotto lo 0,4%».
Il fenomeno della morosità varia molto da ente ad ente e,in alcuni casi, raggiunge livelli preoccupanti. Un esempio è Cassa ragionieri dove, si legge nella relazione dei sindaci al bilancio di previsione 2016, «la percentuale della popolazione morosa si aggira intorno al 50%», i crediti da riscuotere sono 430 milioni, di cui 95 milioni rappresentano sanzioni e interessi per morosità. Se si entra più nel dettaglio dei 15.900 morosi quasi 4.900, per un totale di 105 milioni di crediti, hanno chiesto di rateizzare e hanno avviato l’iter per sanare la propria posizione; a oggi fanno sapere dall’ente «la fascia di irregolari non ancora recuperati è di circa 12mila iscritti, per un importo, in linea capitale, di 230 milioni di euro».
Il presidente della Cipag-geometri, Fausto Amadasi, sottolinea come la morosità si è acutizzata con la crisi: «Abbiamo registrato un aumento esponenziale negli ultimi tre o quattro anni. Prima la contribuzione dovuta e non versata era di circa 100/150 milioni che per buona parte veniva sanata verso la fine della carriera se si esclude il 3-4% fisiologico; oggi si registra una morosità intorno ai 600 milioni». Nonostante ciò Amadasi difende il minimo “alto”, «necessario per avere una pensione che sia accettabile». Da qui la strategia di Cipag volta a ampliare le opportunità di lavoro dei geometri, per esempio, attraverso convenzioni con i Comuni.
Contro l’evasione le Casse oggi hanno nuovi strumenti. Un esempio sono gli accordi con Equitalia per facilitare e rendere più effici le procedure di riscossione (è di metà ottobre il protocollo d’intesa siglato dall’Adepp, l’associazione delle Casse previdenziali).
Un secondo incisivo strumento arriva dall’agenzia delle Entrate che – previa convenzione – consente l’accesso alle sue banche dati. Grazie al database fiscale, la Cnpadc-commercialisti nel biennio 2013-2014 ha recuperato circa 50 milioni di contributi evasi.
Una strada che presto seguirà anche Cassa forense: l’accordo dovrebbe diventare operativo già a gennaio; l’ente di previdenza degli avvocati su 1,5 miliardi di contributi annui registra un 20% di evasione (circa 300 milioni). «Tra pagamenti in ritardo, ravvedimento e accertamento – racconta il presidente Nunzio Luciano – alla fine iscriviamo a ruolo circa 80 milioni di euro ogni anno».
Federica Micardi – Il Sole 24 Ore – 15 dicembre 2015