Il Sole 24 Ore. Al netto del sommerso e dell’economia illegale, ormai stimata in 215 miliardi di euro pari al 12% del Pil, la pressione fiscale reale raggiunge il 48,2%, ben 5,8 punti percentuali in più rispetto a quella ufficiale. Si tratta di un primato tutto italiano se si guarda al carico fiscale che oggi grava su contribuenti e imprese del resto d’Europa. A calcolare il «brusco incremento» di 0,7 punti registrato nel 2019 dopo cinque anni di ininterrotto calo della pressione fiscale, è lo studio del Consiglio e della Fondazione nazionale dei commercialisti «Analisi della pressione fiscale in Italia, in Europa e nel mondo. Struttura ed evoluzione dei principali indicatori di politica sociale».
Dallo studio emerge come sia ancora molto alta la pressione fiscale sulle famiglie. Oggi i nuclei familiari contribuiscono alle entrate dello Stato con 323 miliardi di euro su un totale di 758,6 miliardi. Dopo l’ultimo shock del 2012-2013 (+2,1%), nel quinquennio 2014-2018 si è registrato, come spiega lo studio dei commercialisti, un significativo rientro (-1,7%), che ha riguardato, però, prevalentemente le imprese. La pressione fiscale sulle famiglie, calcolata mediante una rielaborazione della Fondazione nazionale dei commercialisti dei dati Istat, è risultata nel 2019 pari al 18,0%, in crescita di 0,3 punti rispetto al 2018.
Nel mirino degli esperti fiscali anche il cuneo fiscale. Nonostante gli interventi degli ultimi anni, l’indicatore Ocse che misura il cuneo pone l’Italia ai primi posti in Europa: terzo posto per dipendente single con il 48% e primo posto per dipendente sposato con due figli con il 39,2 per cento.
Lo studio dei commercialisti passa in rassegna il peso singola imposta. Dall’analisi del gettito tributario emerge che le prime 10 imposte (su 88 voci totali desumibili dalle tabelle Istat) coprono l’85% del totale. Lo stesso dato era pari all’82,3% nel 1995. C’è una tendenza alla concentrazione del prelievo tributario sulle imposte principali. La regina delle imposte resta sempre l’Irpef, che nel 2019 ha garantito alle casse dello Stato 176,8 miliardi di euro, coprendo il 34,2% del gettito totale (+2% sul 1995). Segue l’imposta più evasa, ossia l’Iva, che comunque per gettito si pone in scia all’Irpef con è la seconda imposta per gettito con 111,8 miliardi di euro, assicurando il 21,6% degli incasso totali del Fisco (+1,3% sul 1995). Irpef e Iva, coprono il 55,9% del gettito tributario totale (+3,3% sul 1995).
Le raccomandazioni che ogni anno arrivano da Bruxelles sulla tassazione in Italia come l’invito a spostare il prelievo dalle persone alle cose non sono poi così causali. Nel confronto internazionale, sempre secondo l’elaborazione di Consiglio e Fondazione dei commercialisti, la pressione fiscale è sbilanciata dal lato del lavoro rispetto al consumo. Infatti, nell’ultimo anno con dati disponibili per un confronto, il 2018, l’Italia è al 7° posto nel primo caso e al 21° posto nel secondo. In particolare, per il gettito Iva in rapporto al Pil, l’Italia si colloca al 26° posto nella graduatoria Ue 27, mentre per il gettito dell’imposta personale sul reddito, l’Italia si posizione al 5° posto.
Nonostante l’eccezionale riduzione del total tax rate tra il 2006 e il 2020, l’indicatore di pressione fiscale sui profitti societari calcolato dalla banca mondiale per l’Italia sfiora il 60% risultando tra i più elevati in Europa.
Particolarmente negativi risultano gli indici di efficienza del sistema fiscale misurati dalla Banca mondiale: nella speciale classifica del Paying taxes 2020, l’Italia scende al 128° posto gravata dai tempi lunghi stimati per gli adempimenti fiscali e per le fasi successive di gestione dei rimborsi e delle verifiche fiscali.