Prepariamoci all’arrivo dell’influenza B. Sarà meno cattiva rispetto alla A che ha caratterizzato la stagione invernale che si sta concludendo, ma non per tutte le fasce di età. Il rischio maggiore è per i bambini tra i 0 e i 5 anni. Gli effetti? I soliti: febbre alta, tosse, raffreddore. «E, come in tutte le patologie – spiega Giovanni di Perri, responsabile del Reparto Malattie infettive dell’Amedeo di Savoia di Torino – c’è sempre il rischio di complicanze serie, in particolare per i più piccoli». Tra i rischi, quello delle meningiti più o meno gravi. «Il rischio? Sì, c’è ma ovviamente riguarda una piccola percentuale».
La situazione nel mondo e cosa dobbiamo aspettarci
I dati a disposizione ci dicono che da settembre 2023 a gennaio 2024 è stata segnalata attività influenzale in tutte le zone e l’attività complessiva è stata simile rispetto allo stesso periodo di riferimento nel 2023. «I virus predominanti variavano tra le zone e tra i Paesi. Ma a livello globale, i rilevamenti del virus dell’influenza A hanno superato quelli dell’influenza B». Per esempio in Europa l’influenza A ha predominato con la co-circolazione dei virus A H1N1 e A H3N2. «Tuttavia, i virus dell’influenza B hanno predominato nella fascia temperata dell’America del Sud, nell’Africa centrale e nell’Africa meridionale». E adesso è il turno dell’Europa. È il quadro tracciato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che dopo una consultazione di 4 giorni ha annunciato le raccomandazioni per la nuova composizione del vaccino da utilizzare nella prossima «tornata influenzale» 2024-2025 nell’emisfero Nord, quello boreale.
Gli effetti dell’influenza B con l’enterovirus
Oltre all’influenza B dovremo attendere un’ondata di casi dovuti all’enterovirus, un virus che crea complicanze a livello non solo respiratorio ma anche gastrointestinale e a livello encefalico. «I sintomi sono presto detti – conferma Di Perri –: oltre alla febbre molto alta ci possono essere conseguenze a livello gastro intestinali, con diarrea, nausea vomito. Ne stiamo vedendo tantissimi di casi del genere. per cui è necessario prestare molta attenzione».
Il Covid è sparito?
Altra questione: che fine ha fatto il Covid? Dobbiamo o dovremo ancora preoccuparci? La malattia è indubbiamente cambiata, i casi scendono per poi ritrovare nuovi picchi. «Un’altalena rispetto alla quale dovremo abituarci – spiega Di Perri – così come dovremo abituarci a gestirla, in futuro, in maniera differente». In che senso? A livello di cure. Perché se oggi utilizziamo antibiotici e antinfiammatori in genere, in futuro adotteremo altre soluzioni. «Antivirali soprattutto – spiega il responsabile del reparto Malattie infettive dell’Amedeo di Savoia –. E il futuro, rispetto alla gestione del Covid, non sarà più lo stesso».
La Stampa