I tagli imposti dal governo al Fondo sanitario nazionale e l’obbligo di non incrementare il debito con i fornitori, dopo il prestito di 1,4 miliardi chiesto allo Stato, costringono la Regione a rallentare il processo premiale di assegnazione di maggiori risorse alle Usl virtuose, per continuare a concedere più soldi alle aziende indebitate. Un copione che ancora una volta si ripete nel riparto del fondo sanitario regionale 2013, come cita la relativa delibera 2358 approvata dalla giunta Zaia in dicembre e pubblicata sul Bur ieri “Assegnazione definitiva alle Aziende Sanitarie del Veneto delle risorse finanziarie per l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza per l’esercizio 2013”. Storicamente le aziende con il bilancio in rosso sono Venezia, Chioggia, Belluno, Rovigo, Vicenza, Padova e Verona, queste ultime due sia con l’Usl che con l’Azienda ospedaliera di riferimento. Ma ora si sta predispondendo un nuovo elenco aggiornato.
«Nella nostra Regione la sofferenza finanziaria di alcune aziende sanitarie e l’esigenza di onorare i pagamenti ai fornitori, ha portato alla necessità di modulare le assegnazioni regionali a vantaggio delle aziende strutturalmente prive della liquidità necessaria a onorare le proprie obbligazioni — recita il provvedimento presentato da Luca Coletto, assessore alla Sanita.
«Si propone, pertanto, di istituire una voce di finanziamento dedicata alla risoluzione delle prevalenti criticità finanziarie che permangono nel Sistema sanitario regionale…, da assegnare ad un numero di aziende contenuto e che possono identificarsi sostanzialmente ma non esclusivamente con quelle oggetto di Piano pluriennale di rientro». A queste andranno 85,3 milioni dei 222 milioni di «accentrata». Cioè una quota degli 8 miliardi e 263 milioni ricevuti da Roma (59,2 milioni in più del previsto) che la Regione non distribuisce a tutte le 24 aziende sanitarie, ma mette da parte proprio per le «emergenze».
«Da un lato permangono situazioni di grave ritardo nei tempi di pagamento — continua la delibera — con un’esposizione consistente. Dall’altro assistiamo a un progressivo incremento di fatture per interessi passivi, per effetto delle aspettative dei creditori del Sistema sanitario regionale. Pertanto, al fine di scongiurare un peggioramento economico per effetto degli interessi per ritardati pagamenti, è necessario garantire un flusso finanziario aggiuntivo alle aziende che presentano le più gravi carenze di liquidità e vincolato al pagamento delle obbligazioni pregresse, operando ogni possibile soluzione volta al contenimento degli oneri finanziari per il sistema. Si propone — prosegue il testo — di allocare quota parte della maggiore disponibilità finanziaria alle aziende sanitarie che presentano i maggiori disavanzi e particolarmente esposte verso i propri fornitori. Si propone che tale fondo ammonti a 85,3 milioni». Storicamente le aziende con il bilancio in rosso sono Venezia, Chioggia, Belluno, Rovigo, Vicenza, Padova e Verona, queste ultime due sia con l’Usl che con l’Azienda ospedaliera di riferimento. «Ma l’esatto, nuovo elenco, lo predisporremo in base al monitoraggio che sta operando il segretario della Sanità, Domenico Mantoan — spiega Coletto —. Le realtà che ne faranno parte saranno dotate di piano di rientro, seguite passo passo dalla Regione e aiutate a rimettersi in pari anno dopo anno. Diciamo che in generale le Usl virtuose sono quelle con un bacino compreso tra 200 mila e 350 mila abitanti (dimensione ottimale secondo il Piano sociosanitario, ndr). Il nostro primo obiettivo è di chiudere il bilancio della sanità veneta in pareggio ma stiamo anche cercando di livellare le diffenze tra Usl nell’assegnazione delle risorse. Rispetto al passato la forbice è meno larga, vorremo portare tutte ai 1500 euro pro capite e siamo a buon punto. Ci vuole tempo, ma i criteri del riparto, cioè popolazione, anziani e specificità territoriali come mare e montagna, stanno dando i primi risultati».
E infatti l’Usl 12 veneziana, da sempre la più indebitata, si è vista abbassare di molto il contributo, ora di 549,6 milioni (quota pro capite di 1753 euro), così come Rovigo ne prende 299,7 (1674 pro capite) e Belluno 235 (1812 pro capite). Al primo posto resta però l’Usl 16 di Padova, la più grande del Veneto con quasi 500 mila utenti, che prende 769 milioni, seguita dalla 20 di Verona, con 725,2 e dalla 9 di Treviso, l’unica veramente premiata. Pur avendo i conti in ordine (quota pro capite 1510), porta infatti a casa 639,2 milioni. All’ultimo posto l’Istituto oncologico veneto, che incassa 5,8 milioni, ma essendo Irccs (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) può contare su fondi statali per la ricerca. Seguono le Aziende ospedaliere di Padova (70,2 milioni) e Verona (73,2). «E’ una sorpresa veder perpetuare la premialità alle strutture più spendaccione, quelle che hanno un debito cronico e ormai imbarazzante con i fornitori», commenta Claudio Sinigaglia (Pd), vicepresidente della commissione Sanità. Infine 18 milioni sono andati al Sociale, per l’inserimento dei disabili nei centri diurni.
Tratto da articolo Michela Nicolussi Moro – Corriere del Veneto – 12 febbraio 2014