La conta ufficiale, per il momento, si è fermata a 110 uccisioni da inizio anno. Il peggio è passato, ma il problema, per gli allevatori rimane. Le prime mandrie, i primi greggi sono già stati riportati in pianura: nelle prossime settimane sarà il turno delle transumanze più «spettacolari», quelle che tradizionalmente chiudono la stagione in Lessinia. In Val d’Illasi, la festa si farà con il ritorno della mandria «del Modesto» (dal proprietario, Modesto Gugole): 130 capi che percorreranno la lunga strada dal Monte Tomba fino a Giazza lungo il sentiero delle Gosse.
Rito simile per l’evento di Malga Vazzo, tra Roverè e Velo veronese, noto in zona come «descargar montagna». Tradizioni che, però, anche quest’anno, dovranno fare i conti con le predazioni, mai così numerose. In Veneto, il 2017 sarà ricordato come l’anno dove il lupo si è fatto vivo anche in altre zone, come l’altopiano di Asiago e il monte Grappa, scatenando le reazioni della politica locale, con diverse conseguenze, come lo stop – ufficioso – del governo regionale al progetto Life Wolfalps. Eppure, ancora una volta è la Lessinia a pagare il tributo maggiore. Il confronto con gli anni passati è impari, considerando che ci sono ancora tre mesi (in inverno, solitamente, le predazioni calano, ma non cessano del tutto. Nel 2016 i capi predati erano stati 83, nel 2015, invece, 48 e 54 nel 2014. Le cifre fornite dal Parco della Lessinia conteggiano solo i comuni aderenti, escludendo i pur numerosi episodi avvenuti poco al di là del confine trentino, specialmente a Sega di Ala. A parte un caso, una manzetta sul monte Spitz, in comune di Crespadoro (Vicenza), tutte le predazioni sono riferite alla montagna veronese.
Le aree più colpite? Le malghe di Bosco Chiesanuova e gli allevamenti di Selva di Progno. Lì, in contrada Aldegheri di San Bortolo, tra aprile e maggio, il branco ha colpito tre volte a breve distanza, uccidendo quindici pecore dello stesso proprietario. Nella lunga lista, però, l’evento peggiore è ben più recente, risalendo appena a una decina di giorni fa: nella notte dell’11 settembre, i lupi hanno sbranato undici pecore e tre capre a malga Lago Boar, in comune di Bosco Chiesanuova. Solo due giorni prima avevano pasteggiato, nello stesso punto, con altri tre capi. In mezzo, c’è un lungo stillicidio di predazioni con una vittima alla volta, perlopiù manzi e vitelli. Sono poche le località della Lessinia che possono dirsi inviolate: tra quelle colpite dai lupi ci sono le malghe della Podestaria, quelle della Conca dei Parpari e della zona di San Giorgio. Il punto più basso (nel senso dell’altitudine) che hanno raggiunto i lupi è nel territorio di Fumane, ai margini della Valpolicella: è stata la prima predazione dell’anno, la notte dell’8 gennaio. Uccisi tre asini, che non saranno risarciti, perché non iscritti all’anagrafe dei capi di allevamenti. Come la quasi totalità dei casi, la perizia svolta dai carabinieri forestali e dai tecnici del Parco della Lessinia ha attribuito le uccisioni al branco di Slavc e Giulietta: solo per otto capi c’è il dubbio sull’origine dell’animale e sono stati attribuiti più genericamente a canidi. Alla fine si contano tra le vittime 62 bovini, 36 pecore, cinque capre e quattro equini (asini). Quelli finiti nell’elenco, salvo pochissime eccezioni saranno tutti risarciti. C’è però, il nodo dei tempi: in passato gli allevatori hanno dovuto attendere diversi mesi, in certi casi un anno. Ma c’è anche da tenere conto delle vittime delle predazioni che per diversi motivi non vengono considerate: tra questo gli animali – e non sono pochi – che muoiono nei giorni successivi all’attacco, spesso per infarto. E nel frattempo i lupi aumentano: notizia di questa settimana la quinta cucciolata della coppia alfa della Lessinia, con cinque nuovi nati.
IL Corriere del Veneto – 24 settembre 2017