Controtendenza. Mentre cala il numero dei dipendenti aumenta quello dei precari. La spesa per questi contratti ha ripreso ad aumentare. Negli uffici dello Stato e degli enti territoriali che ora attendono gli effetti del decreto sul pubblico impiego ci sono 100mila persone potenzialmente “stabilizzabili”, cioè un terzo dei 307mila titolari di contratti flessibili. Il calcolo è della Ragioneria generale dello Stato, che ieri ha diffuso il proprio conto annuale del personale e su questa base ha provato a illuminare i possibili sviluppi del pubblico impiego. Centomila stabilizzazioni sono un contingente di peso, visto che supera le 73.506 assunzioni (lavoratori socialmente utili compresi) intervenute tra il 2007 e il 2012 grazie alle vecchie norme che hanno aperto i posti stabili ai precari, e che ora stanno esaurendo i propri effetti (nel 2012 le stabilizzazioni sono state 2.269, un quarto rispetto all’anno prima).
Dalla platea potenziale all’attuazione pratica delle misure, però, il passo non è breve. La Ragioneria arriva a questa stima escludendo dal calcolo i 140mila precari della scuola, una parte dei quali «è necessaria a coprire le fisiologiche oscillazioni nel numero di cattedre», e i circa 50mila titolari di contratti flessibili nei corpi di Polizia e nelle Forze armate, per i quali «non sono ipotizzabili forme di stabilizzazione diverse dall’allargamento dei contingenti autorizzati per le assunzioni». La parte preponderante del personale potenzialmente interessato dalle stabilizzazioni, quindi, si concentra negli enti territoriali e nella sanità: due comparti caratterizzati da conti spesso zoppicanti, e dai forti limiti assunzionali che ne derivano. Dal momento che le stabilizzazioni non possono aggirare i tetti di spesa e i vincoli al turn over, il risultato finale del processo potrebbe rivelarsi quindi molto più contenuto.
Del resto in termini generali, mentre il peso complessivo della Pubblica amministrazione tende a ridursi (i dipendenti nel 2012 sono 3,24 milioni, il 5,6% in meno rispetto al 2007) la stessa dinamica non si incontra nel personale precario. Dopo il taglio del 7% nel 2008, anno di debutto effettivo dell’ultima tornata di stabilizzazione, la spesa per contratti a tempo determinato ha ricominciato a salire, e si è attestata nel 2012 a quota 3,2 miliardi, il 7% in più dell’anno prima. Il problema del precariato tende quindi a riemergere in modo ciclico, nonostante le promesse di un suo superamento “definitivo” che accompagnano ogni round delle stabilizzazioni.
Altri numeri interessanti si incontrano lontano dalle forme di lavoro dipendente. I co.co. co, oggetto di una serie di tagliole inserite nelle varie finanziarie, si sono più che dimezzati rispetto al 2007 (il loro costo nel 2012 è stato di 403 milioni), ma lo stesso non è accaduto agli incarichi per adempimenti obbligatori: nel 2012 sono stati 89mila, il 14% in più del 2009 (la rilevazione non va più indietro), e sono costati 536,8 milioni, 14,8 in più dell’anno precedente. Anche la Pubblica amministrazione, insomma, va annoverata tra le vittime della burocrazia.
Il Sole 24 Ore – 17 dicembre 2013