In attesa della sentenza della Corte di Giustizia Ue sullo stesso tema, prevista tra luglio e settembre 2014, un principio è stato assodato, il lavoratore precario va risarcito. Il testo della sentenza della Cassazione
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26951 del 2 dicembre 2013, cancella con un colpo di spugna le sue due precedenti sentenze 392/2012 e 10127/2012, riconoscendo ai precari ai sensi dell’art.36 del dlgs 165/2001 il diritto al risarcimento del danno per illegittimità e abuso dei contratti a termine.
Questa sentenza della Suprema Corte ha del clamoroso e anticipa di qualche mese la sentenza della Corte di Giustizia europea sul medesimo tema. La Cassazione sembrerebbe accogliere indirettamente le osservazioni della Commissione europea nella Causa “Papalia” iscritta al numero C-50/13 pendente presso la Corte di Giustizia, giusto rinvio pregiudiziale del Tribunale di Aosta del 3/1/2013.
La sentenza n. 26951 è stata emanata a pochi giorni dalla conclusione della procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia per utilizzo abusivo del personale precario, inizialmente intrapresa solo per il personale non docente della scuola, poi nel 2012 estesa anche al personale docente e il 26 agosto 2013, in seguito a numerosissime denunce, estesa a tutto il pubblico impiego.
Dopo la missiva di messa in mora inviata dalla Commissione europea lo scorso 20 novembre, ora l’Italia ha due mesi di tempo per indicare quali iniziative intenderà porre in essere per tendere al definitivo superamento del fenomeno del precariato. Qualora le scelte indicate dall’Italia per arginare il precariato, non soddisfino Bruxelles si rischierebbe il deferimento alla Corte di giustizia, con relativa erogazione di multe salatissime fino a 8 milioni di euro.
Dopo la clamorosa sentenza della Corte di legittimità ora toccherà ai giudici di merito conformarsi e applicare correttamente la clausola 5 della DIRETTIVA 1999/70/CE DEL CONSIGLIO del 28 giugno 1999 relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato.
Restando in attesa della sentenza della Corte di Giustizia prevista tra luglio e settembre 2014 dove si potrebbe aprire uno spiraglio per la auspicata conversione dei contratti (e quindi applicazione dell’art. 5, comma 4 bis, del d. lgs. n. 368/2001 anche al lavoro pubblico), un principio è stato assodato, il lavoratore precario va risarcito.
Le piogge di risarcimento danni che potrebbero riversarsi sullo Stato italiano spingono verso una sola via maestra da intraprendere, l’attivazione di procedure di conciliazione presso i tribunali con stabilizzazione del posto di lavoro, al fine di non gravare sulle già instabili casse dello Stato evitando così il default.
Pierpaolo Volpe – Quotidiano sanità – 12 dicembre 2013