Compleanno infelice per la posta elettronica certificata. La Cec-Pac, questo il nome tecnico dello strumento pensato per smaterializzare i rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione, ha fatto il suo debutto ufficiale poco più di un anno fa, a fine aprile del 2010. E in questi dodici mesi non è riuscita a realizzare la rivoluzione annunciata al suo avvio.
Appena mezzo milione di caselle di posta attive al giro di boa di aprile scorso – su un totale di quasi un milione di mail registrate nello stesso periodo – sono, infatti, un risultato piuttosto magro. Perché un anno fa, anche se solo ufficiosamente, si parlava di un obiettivo minimo di un milione di caselle. E il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, confidava di arrivare ad almeno tre milioni.
Ma l’aspetto meno confortante è l’utilizzo che viene fatto di questi indirizzi. Tra marzo e aprile del 2011, infatti, sono stati inviati e ricevuti con la posta elettronica certificata appena 550mila messaggi. Calcolatrice alla mano, vuol dire che il cittadino medio dotato di posta certificata manda o riceve più o meno un messaggio ogni sessanta giorni. Segno che molti, dopo avere effettuato la procedura di attivazione, non hanno mai usato lo strumento messo a disposizione dalla Pubblica amministrazione.
Per l’accensione delle caselle sono, infatti, previste due fasi: la registrazione sul sito internet www.postacertificata.gov.it e una successiva attivazione presso gli uffici postali, con la presentazione dei documenti e la firma di un modulo di adesione. Una distinzione fondamentale per capire i numeri della Cec-Pac (acronimo che sta per “comunicazione elettronica certificata tra la Pa e il cittadino”). Guardando alle registrazioni (la prima fase, da effettuare via internet), ad aprile del 2011 risultavano attive 993mila caselle di posta; due mesi prima erano più o meno 958mila, circa 34mila in meno. L’ultimo periodo, quindi, è stato di fiacca rispetto a un momento tra fine 2010 e inizio 2011 nel quale le registrazioni sono andate al galoppo. Tra novembre e dicembre del 2010 le nuove “iscrizioni” sono state 228mila; tra gennaio e febbraio addirittura oltre 304mila.
Se, però, guardiamo alle attivazioni effettive (la seconda fase, per la quale è necessario recarsi presso un ufficio postale) il quadro cambia di parecchio. Qui i numeri non sono così dettagliati, ma dal ministero ammettono che ad aprile del 2011 le attivazioni erano circa mezzo milione. Da cosa dipende questa differenza così marcata tra il numero di attivazioni e il numero di registrazioni? Perché in queste settimane sta partendo – spiegano ancora al ministero – la procedura di chiamata dei supplenti della scuola tramite Pec. Evidentemente molti devono ancora attivare la propria casella.
Ma il punto più dolente, come detto, sono i messaggi inviati: tra marzo e aprile del 2011 sono stati poco più di 500mila. Un numero bassissimo rispetto alle attivazioni reali. Nel bimestre precedente erano stati 419mila. E tra novembre e dicembre del 2010 appena 203mila. I cittadini che hanno attivato la casella, probabilmente, non sanno che farci.
Dal ministero non nascondono quanto questo risultato sia deludente. È evidente – ammettono – che si tratta di un dato ancora basso e che se i professionisti cominciano a usare molto la posta certificata, l’utilizzo da parte dei cittadini non è invece quello che ci si augurava.
Convincere l’utente medio a digitalizzare le proprie comunicazioni con la pubblica amministrazioni, evidentemente, non è una missione così semplice, soprattutto in mancanza di un elenco dettagliato dei documenti che è possibile richiedere e delle pratiche che si possono espletare via Pec. Dal ministero precisano, però, che si sta lavorando per cominciare a implementare le applicazioni della mail certificata.
In pratica, perché la Cec-Pac sia pienamente operativa, serve che le amministrazioni più grandi digitalizzino alcune attività. L’Agenzia delle entrate, per esempio, sta guardando con molto interesse alla possibilità di risparmiare denaro nell’inoltro delle notifiche fiscali ai cittadini. E su una strada simile potrebbero muoversi Inps, Inpdap, Aci e Sose (la società per gli studi di settore).
Notizie positive arrivano, invece, sul fronte delle amministrazioni pubbliche. Per mandare a regime il sistema, infatti, occorre che anche loro attivino la propria posta certificata. All’avvio della Cec-Pac erano appena 6mila quelle dotate di indirizzo. La battaglia di Brunetta per invertire questa tendenza, evidentemente, ha dato i suoi frutti, perché oggi sono oltre 24mila le amministrazioni che si sono mosse e che hanno inserito la proprio casella nell’indirizzario ufficiale del ministero (www.indicepa.gov.it).
Secondo gli ultimi dati, le amministrazioni sono titolari, complessivamente, di circa 40mila caselle, perché ci sono realtà che hanno attivato più di una Pec. All’appello mancano 8mila amministrazioni, ancora negligenti nonostante i continui solleciti. Anche queste, però, sembrano avere le ore contate, perché il ministero ha in corso una nuova campagna per completare il lavoro e arrivare così a quota 32mila.
Tra i professionisti solo il 36% di adesioni
Non è bastato certo l’obbligo stabilito da una norma a far sì che la posta elettronica certificata facesse breccia nel mondo delle professioni. A un anno e mezzo dalla scadenza stabilita dall’articolo 16 del decreto legge 185/2008, convertito dalla legge 2/2009, che ha imposto agli iscritti a un albo di comunicare, entro fine novembre 2009, la casella di Pec all’ordine di appartenenza, la diffusione della mail certificata tra i professionisti va avanti a rilento. Infatti, ad aver attivato la Pec sono, mediamente, solo il 36% degli iscritti a ordini e collegi.
Certo, la situazione varia da categoria a categoria. I notai, per esempio, hanno praticamente detto addio alla carta, perché ogni professionista ha una casella di posta certificata, che utilizza sia per le comunicazioni istituzionali con l’ordine sia nell’attività quotidiana (per esempio, i rapporti con le Camere di commercio).
Anche gli assistenti sociali dichiarano una completa diffusione della mail certificata, che è a disposizione di tutti i 37mila iscritti. Dottori commercialisti e consulenti del lavoro superano il 90% di Pec attivate, seguiti da attuari e geometri, che viaggiano sul 70 per cento.
Di contro, la mail certificata ha avuto poca presa tra medici, biologi e agrotecnici, dove solo poco più del 10% degli iscritti ne è in possesso. E nessuna sugli infermieri (zero caselle attivate). Si può intuire, però, che, al di là dell’obbligo normativo, la mail certificata sia più diffusa laddove è il tipo di attività a richiedere un tale strumento. Medici, biologi e infermieri, per esempio, sembrerebbero avere poca necessità di una Pec per le attività quotidiane. Come spiega Gabriele Peperoni, segretario nazionale della federazione dei medici chirurghi e odontoiatri: «Se la posta certificata non decolla è perché non sappiamo esattamente che farci».
Il problema, secondo alcuni, è che le stesse pubbliche amministrazioni risultano spesso impreparate. Come nel caso degli architetti: la Pa, infatti, potrebbe usare la raccomandata elettronica nelle procedure di gara. Ma, come sottolineano al consiglio nazionale degli architetti, quasi nessuno lo fa. La situazione potrebbe cambiare quando DigiPa metterà a disposizione degli uffici pubblici un’area riservata da cui attingere gli indirizzi di Pec dei professionisti. Un passaggio che discende sempre dalla normativa del 2008 e che si sta lentamente concretizzando. Manca, però, un tassello normativo, che deve consentire ai consigli nazionali di ricevere gli aggiornamenti sulle Pec attivate presso gli ordini provinciali, dati poi da girare a DigiPa in modo che le pubbliche amministrazioni possano attingere a un database sempre aggiornato.
Un discorso a parte meritano gli avvocati. Secondo le stime di Carlo Allorio, coordinatore della commissione informatica del consiglio nazionale forense, almeno il 37% dei legali è dotato di posta elettronica certificata. Viene, però, usata da una percentuale molto bassa di iscritti. E non solo per la mancanza di situazioni in cui utilizzarla (anche se tra poco il processo telematico aprirà alle Pec “normali”; si veda l’articolo sotto), ma anche perché, afferma Allorio, «le comunicazioni tra avvocati, per tradizione, non avvengono mai per raccomandata. Sarebbe un segno di sfiducia. Quindi, non è educato nemmeno usare la posta certificata».
Ilsole24ore.com – 16 maggio 2011