Bruxelles dovrà verificare se gli allevamenti di polli broiler violino o meno le norme europee e se queste siano adeguate a salvaguardare il benessere di questi animali. La Commissione Petizioni del Parlamento europeo dà pieno sostegno alla petizione depositata il 15 giugno 2022 da Animal Equality per chiedere agli eurodeputati di porre fine all’allevamento dei polli broiler a rapido accrescimento, allevati per la loro carne e geneticamente selezionati per aumentare la produzione a discapito della loro salute. Tutti gli eurodeputati intervenuti durante la seduta lo hanno fatto a favore della petizione e ora chiedono alla Commissione Ue di verificare la corretta applicazione della normativa europea sul benessere animale nei confronti di questi animali. E anche di esprimersi in merito alla necessità di modificare tali regole sulla base delle violazioni denunciate attraverso la petizione. A prendere la parola i parlamentari Mariangela Danzì e Tatjana Ždanoka (Non iscritti), Margrete Auken (Verdi), Peter Jahr (PPE) e Michal Wiezik (Renew Europe). Ma, contestualmente al parere positivo della Commissione Petizioni espresso dalla presidente Dolores Montserrat, la rappresentante della Commissione europea ha già comunicato che i polli broiler a rapido accrescimento saranno oggetto della proposta di revisione della legislazion
Resta aperta la petizione sui bolli broiler – “Le disposizioni in materia di benessere animale ci sono, ma devono essere rispettate ed è compito della Commissione Ue che ciò avvenga. Sono davvero lieta che ci sia questa petizione e credo sia necessario chiedere alla Commissione se va cambiata la legge o la pratica denunciata” ha detto la deputata Margrete Auken. In realtà, nel corso della seduta, la Commissione Ue ha cercato di minimizzare il problema denunciato, spiegando che gli Stati membri hanno diverse possibilità per conformarsi alla direttiva esistente, che lascia agli Stati un ampio margine di decisione sulle misure e sui tempi. “Tuttavia – ha sottolineato l’avvocato Manuela Giacomini, che ha rappresentato Animal Equality – non esistono ‘misure ragionevoli’ che possano consentire agli Stati membri di allevare questa specie senza causare loro sofferenza”. Tanto per avere un’idea, il 98% dei 550 milioni di polli macellati ogni anno in Italia appartiene proprio alle razze Broiler, condannate a una breve vita di sofferenza, sia che la trascorrano in allevamenti intensivi, sia che si trovino in contesti protetti e più naturali.
Il problema è la selezione genetica – Il problema, infatti, è che sono ‘ibridi’ frutto di una selezione genetica che di naturale non ha nulla e che ha l’obiettivo di ottenere una crescita accelerata e maggiore delle parti più richieste sul mercato, petto e coscia. Come ha raccontato ilfattoquotidiano.
Le recenti posizioni di Bruxelles – Nel mondo solo oltre 60 miliardi i polli uccisi ogni anno per l’alimentazione umana, otto volte la popolazione mondiale. E se fino agli anni Cinquanta, in 112 giorni i polli raggiungevano il peso di 1,2 chilogrammi, ora in soli 35-45 giorni raggiungono il peso di 2,5 chilogrammi. A febbraio 2023 la stessa Commissione Ue ha riconosciuto che l’allevamento dei polli a rapido accrescimento è problematico. In quell’occasione, Bruxelles ha anche annunciato di stare valutando, nell’ambito della revisione della legislazione sul benessere degli animali allevati prevista entro il 2023, “la necessità e le opzioni per affrontare le potenziali conseguenze negative sul benessere animale di alcune strategie di allevamento in questo processo di revisione della legislazione”. Con questo scopo aveva chiesto un parere scientifico all’Autorità europea per la sicurezza alimentare anche sui polli da carne e l’Efsa, nel documento presentato, consiglia di limitare il ritmo di accrescimento dei broiler a 50 grammi al giorno, un tasso di crescita molto vicino a quello delle razze a lento accrescimento degli allevamenti biologici che prevede una crescita di 45 grammi al giorno. “Fin dal 2010, l’EFSA ha prodotto degli studi che collegano esplicitamente le criticità rilevate, tra le quali si annoverano i disturbi scheletrici, agli eccessivi tassi di crescita di questa razza di polli” ricorda Animal Equality. Una situazione in grave contrasto sia con l’articolo 13 del Trattato di Lisbona, che riconosce gli animali quali “esseri senzienti” e quindi meritevoli di tutela, sia con la Direttiva europea 58 del 1998, recepita anche in Italia, che obbliga i Paesi membri a rispettare le disposizioni in essa previste a tutela del benessere degli animali allevati e a evitare loro dolori, sofferenze o lesioni inutili. Ad aprile scorso, poi, è trapelata la bozza della valutazione d’impatto sulla revisione della legislazione (le proposte finali sono attese per la fine di settembre, ndr), nella quale si ribadisce l’obiettivo di Bruxelles di rendere l’Ue leader mondiale nella protezione degli animali d’allevamento e, ora, la conferma che i polli broiler saranno oggetto della proposta di revisione della legislazione sul benessere degli animali.
Il consumo di carne – Nel frattempo, giorni fa, Compassion in World Farming ha pubblicato il report ‘Più soldi, più carne’, che rivela per la prima volta quanto ogni Paese ad alto e medio reddito dovrebbe ridurre il proprio consumo di alimenti di origine animale, carne, pesce e prodotti ittici, latticini e uova, per non compromettere la salute del pianeta. L’Islanda è il Paese che dovrebbe ridurre maggiormente il consumo di tutti gli alimenti di origine animale (73%), mentre gli Stati Uniti devono ridurre il proprio consumo eccessivo di carne dell’82%. “Nei Paesi più ricchi – ha commentato il ceo globale di Ciwf, Philip Lymbery – ci stiamo letteralmente dirigendo verso l’estinzione un boccone alla volta. Il nostro insaziabile appetito per la carne a basso costo e per altri alimenti di origine animale sta danneggiando la nostra salute, causando immense crudeltà sugli animali e uccidendo il nostro pianeta”. L’Italia occupa l’ottavo posto nella lista dei Paesi che devono ridurre il consumo generale di prodotti di origine animale, ed è una delle 15 nazioni dell’Unione europea ad essere stata annoverata fra i principali 25 consumatori di prodotti animali al mondo, dopo Finlandia (al secondo posto), Spagna, Portogallo, Svezia e Francia. Nel dettaglio, il consumo italiano dovrebbe ridursi del 69% per la carne, 53% per i prodotti lattiero-caseari, del 30% per il pesce e altri prodotti ittici e del 58% per le uova.
Il Fatto quotidiano